Ortopedia pediatrica: da tutta Italia ad Alessandria per l’allungamento degli arti
Oltre 10 mila visite ambulatoriali allanno, e circa 600 interventi, con una particolare specializzazione nella correzione chirurgica di malformazioni ossee. Carlo Origo, primario del reparto di Ortopedia e Traumatologia Pediatrica dell'Ospedale SS. Antonio e Biagio - Cesare Arrigo, ci spiega cosa significa curare un bambino, "che non è un adulto in miniatura"
Oltre 10 mila visite ambulatoriali all?anno, e circa 600 interventi, con una particolare specializzazione nella ?correzione? chirurgica di malformazioni ossee. Carlo Origo, primario del reparto di Ortopedia e Traumatologia Pediatrica dell'Ospedale SS. Antonio e Biagio - Cesare Arrigo, ci spiega cosa significa curare un bambino, "che non è un adulto in miniatura"
Il dottor Carlo Origo (nella foto) è da lungo tempo apprezzato primario del reparto di Ortopedia e Traumatologia Pediatrica dell’Ospedale SS. Antonio e Biagio – Cesare Arrigo di Alessandria. L’ospedalino dei bambini insomma, fiore all’occhiello del nostro territorio, e punto di riferimento per gran parte del Piemonte.
Uno spiccato accento ligure “tradisce” però le radici del dottor Origo: “confermo, confermo: sono genovese doc, ho lavorato per dieci anni al Gaslini, e sono arrivato ad Alessandria nel 1989: prima come assistente, e successivamente come primario. E davvero non credo di sbagliare se sottolineo che il Cesare Arrigo è una realtà di primissimo livello, che stai ai primi posti su scala nazionale”. L’ortopedia pediatrica, in particolare, è un’area di forte specializzazione: “in tutta Italia non ce ne sono più di 20-25, e in Piemonte ci siamo solo noi, e il Regina Margherita. Oltretutto, mentre la struttura torinese, come del resto il Gaslini, cura pazienti fino a 14 anni di età, noi abbiamo fatto una scelta diversa, e abbiamo pazienti che vanno dai neonati, a 18enni con un fisico ormai da adulti”.
In un anno le visite ambulatoriali nel reparto del dottor Origo sono oltre 10 mila, il che significa un “flusso” di bambini e ragazzi pressoché ininterrotto, “con anche 40 o 50 visite al giorno, e circa 600 interventi nel 2012: i ricoveri sono poco più numerosi, poiché si tende appunto a ricoverare soltanto chi ha necessità di essere operato”. La spending review, insomma, è passata anche da queste parti, e il controllo dei costi è rigoroso, “anche se è fuori di discussione che questo non può in nessun modo andare ad intralciare l’erogazione di prestazioni sanitarie al più alto livello”.
I pazienti di una ortopedia pediatrica presentano una casistica davvero vasta: si va dalle semplici cadute dal seggiolone, con conseguenti slogature o fratture, alle cadute in bicicletta, fino purtroppo ad una serie di gravi malformazioni ossee, o forme tumorali. “C’è assolutamente di tutto, e non dobbiamo scordarci mai che il bambino non è un adulto in miniatura, ma un individuo in costante divenire, e con sue forti specificità. L’ortopedico pediatra deve quindi sapersi occupare di tutto lo scheletro: dal piede “torto” o piatto, ai problemi alla colonna vertebrale, alle malformazioni agli arti, fino ai tumori ossei e alla presenza di patologie neurologiche che si riflettono sullo sviluppo della struttura scheletrica”.
Il dottor Origo non ama evidenziarlo, ma è davvero uno dei massimi specialisti italiani (e non solo) di allungamento chirurgico degli arti: una tecnica che serve a “correggere” malformazioni gravi, e assolutamente invalidanti. “Abbiamo pazienti da tutta Italia – spiega – e si arriva in determinati casi anche ad allungamenti di circa 30 centimetri delle ossa delle gambe, ad esempio. Riuscendo a regalare nel tempo parametri di vita normale a bambini e bambine, o adolescenti, che hanno la sfortuna di sviluppare, dalla nascita o con la crescita, malformazioni che ne limitano davvero la quotidianità”. Con la pazienza che ci vuole con i neofiti, e che il dottor Origo mostra di avere, ci spiega con tanto di esemplificazione pratica (fissatori alla mano) e proiezioni al computer come funziona il complesso iter prima diagnostico, e poi di progressivo intervento sulle ossa, per “allungarle”.
“E’ un percorso che viene avviato in genere verso i 12-13 anni, quando i pazienti già sono consapevoli, e in grado di capire, e approvare. Perché naturalmente il processo non è semplice, si tratta di intervenire più volte sull’osso, spaccarlo e “allontanare” le due estremità, lasciando che l’osso si rigeneri e allunghi da solo, diciamo così”. Naturalmente con il supporto di fissatori esterni, che tengono “imbragata” la gamba, e consentono alla persona comunque di muoversi. L’allungamento osseo procede al massimo per un millimetro al giorno, il che significa che ci vogliono 10 giorni per “recuperare” un centimetro. “Ma se si pensa che ci sono pazienti che, alla fine del percorso, hanno recuperato la piena funzionalità dell’arto, che è tornato della stessa lunghezza dell’altro, e magari possono ad un certo punto guidare l’auto, o prendere l’ascensore, o semplicemente accavallare le gambe come tutti, si capisce quali riflessi essenziali tutto ciò viene ad avere sulla vita futura di questi ragazzi e ragazze”. Uno degli obiettivi del dottor Origo, nel corso del 2013, è proprio quello di riuscire ad acquistare fissatori esterni di nuova generazione: “anche qui la tecnologia per fortuna sta facendo passi da gigante, e ho visto a Dallas strumenti notevoli, non più regolati manualmente attraverso un sistema di viti da smontare e rimontare, ma addirittura tramite un software: il che consente una precisione assoluta. Speriamo di poterli avere presto a disposizione”.
Ma qual è il rapporto che si viene a creare tra un bambino e il “suo” dottore? “Molto sincero, improntato alla massima onestà: consideri che un bambino ti dà tutta la sua fiducia, ma non puoi mai tradirlo, o non recuperi più. Quindi devi parlargli, dirgli la verità: meglio dirgli sinceramente “ora ti farò un po’ male, ma devi resistere”, perché se non lo avvisi prima, e si sente tradito, poi diventerà ingestibile”. Insomma, l’ortopedico dei bambini deve essere certamente anche un po’ psicologo, sia con i suoi piccoli pazienti che con le famiglie, “che spesso vivono il trauma o la malformazione con comprensibile ansia. Interfacciarsi con loro con la massima sensibilità e attenzione è indispensabile: si pensi a casi di sospetto tumore osseo, ad esempio. Non puoi lasciarli in sospeso un solo minuto più dello stretto necessario: perché finché non hanno una risposta chiara, per loro il cielo smette davvero di essere blu”. Poi il dottor Origo si lascia andare ad una confidenza: “pensi che sei ai tempi dell’università mi avessero detto che mi sarei occupato di bambini, mi sarei messo a ridere. Io volevo fare l’ortopedico per adulti: poi i casi della vita mi hanno portato in questo settore, che naturalmente ora non cambierei con niente al mondo: un ortopedico pediatrico è un po’ come un contadino. Deve seguire un ciclo naturale, accompagnare l’evoluzione dei suoi “prodotti” nel corso del tempo, valutando una serie infinita di variabili. E quando arrivi al traguardo, ossia alla guarigione che coincide con la partenza di una vita adulta, beh, è davvero molto gratificante. Tant’è che rimangono anche legami umani personali molto forti, che durano nel tempo”.