Home
120 anni fa nasceva ‘l’Omino di Novi’
Ricorre oggi, 18 marzo, il 120esimo anniversario della nascita di Costante Girardengo. Nato a Novi Ligure, divenne un ciclista professionista già nel 1912, a soli 19 anni; da allora la sua carriera vide una rapida ascesa, interrotta per qualche anno dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Ricorre oggi, 18 marzo, il 120esimo anniversario della nascita di Costante Girardengo. Nato a Novi Ligure, divenne un ciclista professionista già nel 1912, a soli 19 anni; da allora la sua carriera vide una rapida ascesa, interrotta per qualche anno dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Nel 1917 tornò a gareggiare, guadagnando il secondo posto alla Milano-Sanremo, e vincendo l’anno successivo; alla fine della sua carriera contò sei vittorie nella “Classicissima”, record battuto dopo cinquant’anni solo da Eddy Merckx. Complessivamente vinse due volte il Giro d’Italia e tre volte il Giro di Lombardia; inoltre conquistò nove titoli nei campionati italiani su strada. Gli ultimi successi, per altro, arrivarono in quella che oggi definiremmo un’età “avanzata” per uno sportivo: il campionissimo vinse la sesta Milano-Sanremo all’età di 35 anni e gareggiò ad alto livello fino a 42.
Molti gli aneddoti sulla sua vita, ciclistica e non; il più conosciuto, grazie anche alla canzone di Francesco De Gregori “Il bandito e il campione”, è quello che narra la sua amicizia con Sante Pollastro, compaesano del campione. L’amicizia, solida fin dall’infanzia, li divise nel momento in cui scelsero di prendere due strade diverse, dettate entrambe dallo stesso motivo: la fame e la miseria, che in quegli anni (si parla degli anni del Primo Conflitto mondiale) affliggeva la maggior parte delle famiglie.
Il suo nome è legato anche a una nota fabbrica di biciclette, fondata negli anni Quaranta a Alessandria e che vedeva come soci i figli stessi del campione e Giovanni Maino, titolare di un’altra ditta di biciclette. Nel 1964 la fabbrica venne addirittura trasferita all’interno del carcere alessandrino per permettere ai detenuti di lavorare. Quest’iniziativa segnò però un declino, divenuto inarrestabile fino al 2002 quando la ditta fallì, portandosi via un pezzo di storia.
Né molto alto né molto robusto, tanto da guadagnarsi il soprannome “l’omino di Novi”, Girardengo possedeva, oltre a una grandissima abilità sportiva, un’intelligenza tattica encomiabile: durante la terza edizione del Gran premio Wolber riuscì a battere gli avversari, grazie alla posizione strategica in cui fece appostare un uomo di fiducia con la sacca dei viveri.
Capace di vincere su ogni percorso, in ogni condizione, su strada e su pista, di astuzia e di forza, al termine di lunghe cavalcate solitarie o in combattuti sprint, in 26 anni di gare, il Campionissimo percorse complessivamente più di 536 mila chilometri ottenendo ben 1.007 vittorie; con lui e per lui nacque la letteratura sportiva, che vantava già allora di firme come quelle di Emilio Colombo, Orio Vergani, Felice Scandone, Mario Ferretti senior, Giuseppe Ambrosini, Ruggero Radice. Un’altra “vittoria” di Girardengo fu quella contro la “spagnola”, la terribile malattia anche conosciuta come “grande influenza” che tra il 1918 e il 1920 uccise almeno venti milioni di persone nel mondo.
Non vinse mai il campionato del mondo, probabilmente solo perché venne istituito troppo tardi (nel 1927); la sua carriera, come detto prima, volse al termine alla veneranda età di 42 anni, ma l’atleta non si diede per vinto: non potendo più partecipare personalmente alle gare, diventò un apprezzato direttore sportivo della Maino e fu commissario tecnico della Nazionale guidando Bartali nel Tour del 1938.