Virginia Marini: un’alessandrina tra le divine del teatro ottocentesco
Una serata organizzata da Franco Ferrari che ha proposto una biografia artistica dellattrice che nellultimo quarto dellOttocento ha entusiasmato i pubblici di tutta Italia e mezza Europa, lasciando poi una preziosa eredità come insegnante di recitazione presso la prestigiosa Accademia romana di Santa Cecilia
Una serata organizzata da Franco Ferrari che ha proposto una biografia artistica dell?attrice che nell?ultimo quarto dell?Ottocento ha entusiasmato i pubblici di tutta Italia e mezza Europa, lasciando poi una preziosa eredità come insegnante di recitazione presso la prestigiosa Accademia romana di Santa Cecilia
Ferrari, con stile misurato ma con straordinaria capacità di raccontare e di tenere intrecciate tante storie, non ha soltanto reso un meritorio omaggio a un’artista di ieri pressoché dimenticata. Ha mostrato agli alessandrini di oggi, che vivono loro malgrado in una realtà di dissesto dichiarato e di resa incipiente, una verità importante per la loro condizione di cittadini. Non vale richiamarsi a sterili ragioni campanilistiche, non serve aggrapparsi ai pochi esempi di virtù, in questo caso artistiche, che la città ha saputo generare. Quel che conta, quello che vale, è avere la capacità di guardare in profondità dentro la propria storia, confrontarsi con la dimensione nazionale (che sempre traspare nelle vicende locali), avere l’umiltà di studiare le proprie radici e di scoprirne virtù e difetti. In una parola, uscire da una dimensione “provinciale”, come sinonimo di limitatezza, autoreferenzialità, asfissia, e aprirsi invece a pensare in grande, a uscire dal porto e misurarsi con il mare aperto. Si colloca in questa dimensione riflettere su occasioni come quella di lunedì e riconoscere, ad esempio, che la questione di fondo, forse, non è solo quella legata all’eterno e deprimente ritornello secondo cui “mancano i soldi”. Mancano, è vero: ma, ed è ben più grave, mancano le idee, mancano i luoghi in cui confrontarle, manca una composta passione civile, la passione per la polis.
È bastato mettere in campo per una sera grandi energie di studio, grande passione, molta voglia di collaborare, tanta professionalità, per realizzare una proposta vincente. Ed è questa, forse, l’autentica politica della cultura. Non quella che vorrebbe importare da fuori occasioni tanto generiche quanto vuote di significato, ma quelle legate alla conoscenza del nostro passato e del nostro presente (quel che siamo, da dove veniamo, per andare dove), in ciò aiutati da quelle istituzioni (il Conservatorio, la Biblioteca, l’Archivio di Stato, il Teatro, quel che resta della rete museale civica) che davvero dovremmo avere care come la pupilla dei nostri occhi perché è lì, in quella dimensione, che si gioca il nostro destino di comunità.
Grazie a Franco Ferrari, grazie al Rotary, per averci ricordato questa sostanziale verità.