Tassazione dell’assegno di mantenimento in caso di separazione e divorzio
Gli assegni periodici sono deducibili dal reddito complessivo. Per il coniuge che ne beneficia sono invece redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente
Gli assegni periodici sono deducibili dal reddito complessivo. Per il coniuge che ne beneficia sono invece redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente
Ai fini della deducibilità e della imponibilità delle somme in questione è richiesto dunque che la misura e la periodicità di corresponsione delle stesse risultino dal provvedimento dell’autorità giudiziaria. Non hanno natura reddituale, invece, gli assegni corrisposti in unica soluzione, i quali rappresentano sostanzialmente una transazione in ordine alle pregresse posizioni patrimoniali dei coniugi. Per questi assegni, non è prevista alcuna tassazione in capo al beneficiario, né alcuna deduzione per il soggetto che li corrisponde.
La questione del diverso regime fiscale applicabile agli assegni corrisposti al coniuge, a seconda che abbiano carattere periodico o di una tantum, è stata più volte sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale. In particolare, la Corte Costituzionale ha affermato che le “due forme di adempimento, cioè quella periodica e quella una tantum, pur avendo entrambe la funzione di regolare i rapporti patrimoniali derivanti dallo scioglimento o dalla cessazione del vincolo matrimoniale, appaiono sotto vari profili diverse, e tali sono state considerate dal legislatore nella disciplina dettata in materia”.
La speciale connotazione giuridica che caratterizza la liquidazione una tantum dell’ammontare stabilito per il mantenimento del coniuge, permane anche nell’ipotesi in cui sia prevista la corresponsione di un importo complessivo, il cui versamento sia frazionato in un numero definito di rate qualora la corresponsione del predetto importo escluda la possibilità di presentare una “successiva domanda di contenuto economico”.
La possibilità di rateizzare il pagamento costituisce, infatti, solo una diversa modalità di liquidazione dell’importo pattuito tra le parti, il quale mantiene comunque la caratteristica di dare risoluzione definitiva a ogni rapporto tra i coniugi e non va quindi confuso con la corresponsione periodica dell’assegno, il cui importo è invece rivedibile nel tempo (Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 153/E del 11 giugno 2009). Specularmente il coniuge erogante non potrà beneficiare della deduzione dal reddito imponibile. Anche sulla quota di indennità di fine rapporto cui ha diritto il coniuge separato (o divorziato), in quanto erogata una tantum, non deve essere operata nessuna tassazione in capo al coniuge separato né è possibile per il coniuge erogante beneficiare della deduzione dal reddito.
Non assume alcuna rilevanza reddituale anche la restituzione di tali somme, qualora siano state corrisposte dal coniuge divorziato in misura maggiore del dovuto. Se la restituzione dovesse avvenire tramite la sospensione dell’erogazione dell’assegno periodico, realizzando pertanto una compensazione tra due diversi emolumenti (gli assegni periodici spettanti alla moglie e la quota di liquidazione che la stessa deve restituire al marito), secondo quanto chiarito dalla Risoluzione n. 157/E del 15 giugno 2009, il contribuente potrà dedurre l’importo corrispondente all’assegno alimentare, dato che si realizza la situazione disciplinata dall’art. 10 del Tuir, mentre il coniuge divorziato dovrà dichiararli tra i suoi redditi.
Le maggiori somme corrisposte al coniuge a titolo di adeguamento Istat costituiscono, invece, reddito per il coniuge divorziato soltanto nel caso in cui la sentenza del giudice preveda un criterio di adeguamento automatico dell’assegno. In caso contrario, gli assegni corrisposti volontariamente dal coniuge al fine di sopperire alla mancata indicazione da parte del Tribunale di meccanismi di adeguamento dell’assegno di mantenimento non costituiscono reddito per il coniuge divorziato né tale somma potrà essere dedotta dall’erogante.
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