Louvre Ambassador per la Nike di Samotracia
Un fubinese che ha a cuore l'arte e la cultura, una statua che ha bisogno di un restauro, un'iniziativa particolare lanciata da uno dei più celebri musei al mondo: vi raccontiamo la storia di Stefano, che prova a salvare la Nike di Samotracia
Un fubinese che ha a cuore l'arte e la cultura, una statua che ha bisogno di un restauro, un'iniziativa particolare lanciata da uno dei più celebri musei al mondo: vi raccontiamo la storia di Stefano, che prova a salvare la Nike di Samotracia
Stefano, come funziona il progetto “Ambassador”?
Il Louvre tra fine ottobre e inizio novembre ha indetto una campagna di fundraising per finanziare il restauro della Nike di Samotracia, che non viene sottoposta ad interventi conservativi da quasi un secolo, e dello scalone in cui è sistemata. Il museo, nell’ambito di questa iniziativa, da l’opportunità a chi interessato di gestire in prima persona una piccola raccolta fondi diventando “ambasciatore” di questo progetto. Viene fornito uno spazio sul sito internet del museo in cui inserire le informazioni e le foto desiderate in modo da rendere più efficace la raccolta. Ogni ambasciatore, poi, deve porsi un obiettivo finanziario – minimo da 200 euro -, da raggiungere entro la fine dell’anno. Per aiutarci in questo compito il museo invia ad ogni aderente un documento pdf in cui sono presenti diversi contenuti multimediali per pubblicizzare adeguatamente l’iniziativa anche sui social network.
Diventi ambasciatore, scegli la tua cifra da raggiungere. Come è andata?
Io, forse troppo entusiasticamente, ho posto il mio obiettivo a mille euro, credendo in una maggiore risposta da parte del pubblico. C’è da dire che, pochi giorni dopo l’inizio della raccolta, è capitata la terribile alluvione in Sardegna che ha catalizzato l’attenzione dei media e le conseguenti donazioni del pubblico che sono andate, giustamente, a favore degli sfollati sardi. Questo, unito alla forte diffidenza delle persone verso il mondo della cultura, ha fatto sì che la mia impresa fosse molto ardua. Ma rimango, parafrasando Gramsci, “ottimista con la volontà e pessimista con l’intelligenza”.
Quanto è difficile “lavorare per l’arte”?
E’ quasi una “missione”, nel senso laico del termine, perché si opera in favore di qualcosa che appartiene a tutti e non è di uso esclusivo di nessuno. Non si ha un ritorno personale concreto, ma “solo” a livello di emozioni e gratitudine, e forse è per tale motivo che molti non si impegnano in questo campo. In particolare nel caso dei restauri di opere d’arte, si cerca di rendere disponibili e fruibili queste ultime non solo per noi ma anche e soprattutto, per le generazioni future. Credo che la difficoltà più grande, oggi, non sia tanto la raccolta fondi (ardua in qualsiasi campo) ma proprio avvicinare le persone al mondo dell’arte e della cultura in generale. Manca un’adeguata sensibilizzazione del pubblico perché oggi la cultura è considerata come superflua e non necessaria, specialmente nei momenti di crisi. Mentre invece sarebbe bene ricordarsi cosa diceva Aristotele: “La cultura è un ornamento nella buona sorte ma un rifugio nell’avversa.”
Hai ricevuto molte donazioni?
Fino ad oggi ho ricevuto 13 donazioni per un totale di 285€ che, nonostante il mio obiettivo di 1000, rimane comunque una cifra importante. Soprattutto se si considera che il primo ambasciatore (per numero di fondi raccolti) ha racimolato 1560€ su 5000 di obiettivo. Tuttavia la mia piccola grande cifra mi ha permesso di entrare tra i 10 “migliori” ambasciatori del mondo per numero di soldi raccolti. Per questo non posso che considerarmi parzialmente soddisfatto anche se continuo nella mia raccolta fino all’ultimo minuto disponibile.
In questo momento di crisi spesso l’arte è trascurata: quanto è complicato e quanto può essere importante convincere le persone ad investire sulla cultura? Farcela da solo significa affrontare molte difficoltà, o c’è solidarietà e comprensione?
Purtroppo la maggioranza della popolazione crede che la cultura sia un buco nero nel quale gettare fondi pubblici senza risultato. In realtà, lo ribadisco in continuazione, è totalmente l’opposto.
Per non annoiare con dati e formule dico solo che il settore culturale ha una enorme capacità di creare ricchezza. In Italia, in particolare, per ogni euro investito in cultura se ne creano ben 22 di reddito. Fate voi il calcolo di quanto si creerebbe con investimenti adeguati che, ad oggi però, risultano ben al di sotto della media europea. Anche nelle piccole realtà, dove magari basta poco denaro per organizzare adeguatamente qualche iniziativa, manca la sensibilità e la collaborazione da parte di persone od enti. Oggi più che mai è necessario fare rete e creare sinergie tra privati-privati (associazionismo) ma anche tra pubblico-privato. All’estero, su quest’ultimo aspetto sono avanti anni-luce e l’iniziativa di fundraising del Louvre ne costituisce un esempio perfetto. La solidarietà, nel caso di questa raccolta fondi, è arrivata da molti conoscenti e amici che ringrazio per avermi sostenuto. E’ stato molto difficile, se non impossibile, invece, coinvolgere estranei.
A chi non era disponibile a donare ho chiesto in alternativa di condividere sui social network la mia iniziativa. Molti amici l’hanno fatto mentre altre persone, tra cui anche alcune che dovrebbero avere sensibilità in questo campo (vedi Philippe Daverio, il ministro Bray, Alberto Angela, Ilaria Borletti Buitoni ed altri) che ho contattato sulle rispettive pagine facebook, o non mi hanno risposto, o non hanno aderito.
La cosa davvero triste è che per donare bastavano cinque euro. Bastava rinunciare ad un pacchetto di sigarette o ad un gratta-e-vinci. Ma vedendo anche le mancate condivisioni dell’iniziativa forse è davvero “soltanto” un problema di sensibilità più che di portafoglio.