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    Moleto,
    Home
    Maria Luisa Caffarelli - redazione@alessandrianews.it  
    17 Settembre 2015
    ore
    00:00 Logo Newsguard

    Moleto, ovvero le bellezze sconosciute del Monferratoshire

    Da Alessandria attraverso Vignale e Frassinello si arriva ad uno dei panorami più commoventi del nostro Monferrato: al borgo di Moleto, che si adagia tra giardini, palme, muri di pietra....

    Da Alessandria attraverso Vignale e Frassinello si arriva ad uno dei panorami più commoventi del nostro Monferrato: al borgo di Moleto, che si adagia tra giardini, palme, muri di pietra....

     OPINIONI – Chi lo conosce ne decanta estasiato le bellezze e insistentemente suggerisce agli amici che non lo conoscono di andarvi per apprezzarne il fascino indescrivibile. Convinto, a ragione, di far parte di una strana élite di miopi del turismo che, loro sì, vedono bene da vicino. Trascorsi mesi o anche anni, ci si decide infine a percorrere quei 30 km o poco più – un decimo, un centesimo, o anche un millesimo di quelli che si sono fatti per vedere un rudere di una chiesetta romanica rifatta nel ‘900 dispersa nella campagna francese che era strasegnalata sulle guide come imperdibile – che da Alessandria attraverso Vignale e Frassinello conducono ad uno dei panorami più commoventi del nostro Monferrato. Il viaggio avviene magari sulla scia di una mostra “diffusa” organizzata da un gruppo di coraggiosi pittori e scultori che bazzicano da quelle parti e che giustamente si fa chiamare ArtMoleto.

    E finalmente si giunge (il verbo che fa inorridire Alessandro Baricco è quasi d’obbligo perché segnala non un arrivo, ma un vero raggiungimento dopo un percorso tanto breve quanto incantevole tra vigne in questa stagione pettinate con precisione geometrica e regolarità quasi maniacale) alla cresta collinare dove il borgo di Moleto si adagia tra giardini, palme e muri di pietra da cantone dal caldo colore dorato.
    Case una più bella dell’altra, importanti nella loro semplicità, portoni imponenti, architravi cinquecenteschi: se ti affacci a uno di questi vedi un gazebo che si scopre realizzato da Matteo Thun, celebre architetto contemporaneo altoatesino, oppure un giardino disegnato da Alessandro Mendini che aveva progettato anche la piazza (mai realizzata ma inserita nei progetti del sito che lo riguarda). Ma il vero bello deve ancora venire: il Bar Chiuso. Il maiuscolo è d’obbligo.

    Chiuso non è participio passato del verbo chiudere ma nome proprio, come Bar Sport, Bar Jamaica. C’è voluto coraggio. E un bel colpo di genio dello studio di comunicazione per chiamare Chiuso un bar che è aperto sulle colline a 360 gradi: unico parziale impedimento alla vista in realtà è un prezioso elemento di architettura, una chiesetta romanica dedicata a San Michele nel 1968 spostata – come i templi di Abu Simbel in Egitto – dalla sua sede originaria e ricostruita in posizione molto fotogenica su un lato del prato. Chi arriva al Bar Chiuso decide di tornare. Di portare gli amici. Di venire in una stagione e in un’ora diversa. Magari la sera per vedere le stelle. Chissà quanta gente la notte di San Lorenzo…

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