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    Processo
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    Irene Navaro - irene.navaro@alessandrianews.it  
    17 Dicembre 2016
    ore
    00:00 Logo Newsguard

    Processo farmacia, ricette “corrette” non riconosciute dai medici

    Sono stati ascoltati come testimoni i medici di base di Novi Ligure le cui prescrizioni di farmaci sarebbero state “corrette”, variando la quantità o qualità del farmaco. Ma le firme non sono state riconosciute dagli stessi

    Sono stati ascoltati come testimoni i medici di base di Novi Ligure le cui prescrizioni di farmaci sarebbero state ?corrette?, variando la quantità o qualità del farmaco. Ma le firme non sono state riconosciute dagli stessi

    ALESSANDRIA – Decine e decine di prescrizioni mediche, variate nella quantità o nella qualità del farmaco prescritto. I medici di base di Novi, ascoltati come testimoni nell’ambito del processo per truffa contro le farmaciste Pier Francesca Lavezzaro e Valentina Francesca Bona, insieme ai medici di base Francesco Bonomo, Giacomo Burrone, Nicoletta Zanni e Gian Erminio Dagna, non hanno però, in molti casi, riconosciuto come proprie le sigle apposte alle correzioni.
    Hanno parlato, in aula, Aurelia Milanese, Claudio Agosto, Agostino Gambarotta, Camillo Milano, Marco Grosso, Chiara Agosti, Anna Botto, e altri. Tutti hanno ricordato di essere stati chiamati in qualche occasione dalla titolare o dal personale della farmacia dell’Ospedale per “fare correzioni” alle ricette emesse dai loro studi. Nessun “accordo”, neppure implicito. Ma sarebbe “normale” (o quato meno, “capita”), dover effettuare piccole variazioni, quando magari i pazienti preferivano gocce invece di pastiglie, ritiravano due confezioni, invece di una, dosaggi o altro. Capitava con la farmacia finita nel mirino dell’inchiesta giornalistica de Le Iene, ma anche con altre.
    Così come capitava che il paziente si recasse in quella, o in altre farmacie, senza ricetta e che questa venisse fatta a posteriori. Pratica non del tutto corretta, ma frequente, quando magari non si ha il tempo di recarsi dal medico ma si ha necessità di assumere un farmaco.
    Capita, ma non dovrebbe essere “prassi”.
    Le correzioni? Dovrebbero essere controfirmate dal medico. Peccato che solo in pochi casi, di quelli presentati in aula, i medici riconoscessero come propri le firme sulle correzioni. Chi, dunque, siglava le variazioni di farmaci o del numero delle scatole? Secondo l’accusa sarebbero state le stesse farmaciste per giustificare l’uscita di farmaci defustellati che,poi, venivano gettati, al fine di ottenere rimborsi “gonfiati” dall’Asl.
    L’eventuale truffa, che deve essere provata in aula, è già stata quantificata dai carabinieri del Nas in 13 mila euro e la somma è già stata liquidata dagli imputati al servizio sanitario.
    Il processo, in ogni caso, va avanti. In totale sono più di 100 i testimoni chiamati a deporre tra cui i clienti dell’esercizio commerciale. Una trentina sono già stati ascoltati.
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