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Elio Defrani - e.defrani@ilnovese.info  
19 Giugno 2017
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Nei “granai della memoria” le antiche tradizioni si conservano in video

Fa tappa anche a Novi Ligure il progetto che punta a creare un archivio di testimonianze audiovisive. Una serie di interviste a contadini, operai, artigiani e molti altri, per tramandare la memoria di piccoli universi che stanno svanendo sotto l'incalzare dell'industrializzazione

Fa tappa anche a Novi Ligure il progetto che punta a creare un archivio di testimonianze audiovisive. Una serie di interviste a contadini, operai, artigiani e molti altri, per tramandare la memoria di piccoli universi che stanno svanendo sotto l'incalzare dell'industrializzazione

NOVI LIGURE – «Fondare biblioteche è come costruire ancora granai pubblici, ammassare riserve contro un inverno dello spirito che, da molti indizi, mio malgrado, vedo venire». È uno dei più celebri estratti delle “Memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar. Ed è proprio ispirandosi a questa frase del vecchio imperatore romano che nasce l’idea dei “Granai della memoria”, che farà tappa anche a Novi Ligure grazie al Fai, il Fondo ambiente italiano. Un progetto ambizioso che persegue l’obiettivo di comunicare in video le memorie del mondo.

Venerdì 23 giugno, alle 18.00, nel salone di Palazzo Pallavicini (il municipio di via Giacometti) si terrà infatti un incontro con Davide Porporato, docente universitario da tempo impegnato nella creazione di archivi multimediali per la conservazione del patrimonio etnoantropologico. Porporato è responsabile scientifico – insieme a Carlo Petrini e a Piercarlo Grimaldi, dell’università di Scienze gastronomiche di Pollenzo – del progetto scientifico “Granai della memoria”, sviluppato insieme a Slow Food.

Vedere e ascoltare le testimonianze di contadini, operai, artigiani, imprenditori, partigiani, e molti altri, vuol dire poter ridare memoria a piccoli universi che stanno svanendo e a cui spesso è stato negato il diritto di parola. L’incontro di venerdì sarà l’occasione per scoprire patrimoni di conoscenze che non vogliono essere solo uno sguardo sul passato ma, soprattutto, uno strumento per rimodellare il futuro: i viaggi di ricerca tra le feste religiose e le tradizioni sopravvissute all’industrializzazione, gli operai e il loro pasto consumato nei barachin, le armonie e le disarmonie del paesaggio rilette attraverso i saperi contadini tradizionali. Naturalmente tra gli argomenti non mancano quelli legati alla cultura del cibo.

L’ingresso, aperto a tutti, è a contributo libero finalizzato alle attività del Fai.