Inchiesta rifiuti, Delucchi lascia l’Aral
Le dimissioni del presidente, mentre restano gli altri consiglieri. Commento interlocutorio di Palazzo Rosso, mentre la politica resta in silenzio in attesa delle evoluzione dell'inchiesta di Brescia
Le dimissioni del presidente, mentre restano gli altri consiglieri. Commento interlocutorio di Palazzo Rosso, mentre la politica resta in silenzio in attesa delle evoluzione dell'inchiesta di Brescia
Dichiarazione che non vede fare alcun riferimento all’inchiesta sul traffico di rifiuti in cui è finita l’Aral e che oltre a generici impegni di rilancio contiene un passaggio solo che richiama uno degli aspetti più intricati della vicenda: l’Aral deve “rimanere alessandrina”. Come dire, al momento Palazzo Rosso non avrebbe alcuna intenzione di procedere alla cessioni di quote della società. Sarà così? Quel che è certo è che l’imbarazzo della politica è fortissimo. Se il centrodestra appare silenzioso perché sospetta di essere seduto su una potenziale bomba a orologeria, il centrosinistra dopo che sono finiti nel mirino dei magistrati di Brescia l’Aral di Delucchi ed Ezio Guerci, consulente di enti locali e compagno di Rita Rossa, ex sindaco Pd di Alessandria, si è affidato a qualche generico commento, ma nulla più. Un esempio? Ieri pomeriggio a Palazzo Ghilini è andato in scena un Consiglio provinciale convocato per alcuni atti dovuti relativi al subentro di alcuni consiglieri e per discutere una interrogazione sugli interventi di manutenzione del ponte di ferro di Melazzo e una mozione di adesione alle iniziative promosse dal Consiglio regionale per Giulio Regeni. Solo dopo l’ingresso di Luca Rossi al posto di Giovanni Barosini (nominato assessore al Comune di Alessandria) è arrivata dai banchi della minoranza la domanda sulla vicenda Aral. I consiglieri Matteo Gualco e Federico Riboldi hanno chiesto delucidazioni a Rocchino Muliere, che oggi guida l’amministrazione di secondo livello al posto di Rita Rossa. “La Provincia non è direttamente interessata. Non saprei cosa aggiungere. Non sono stato informato di altre situazioni. Sono comunque pronto a parlarne – sono state le parole di Muliere – magari in sede di Commissione che è più idonea rispetto al Consiglio”. Parole pronunciate per non affrontare di petto il problema. Vero che le Province oggi non hanno competenze dirette, però una delle poche rimaste è quella relativa alla ‘pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente’. E visto che gli effetti del traffico dei rifiuti potrebbe essere anche di carattere ambientale, non è chiaro perché Muliere abbia preso così le distanze. Secondo le prime risultanze dell’indagine dei magistrati di Brescia, nelle discariche di Castelceriolo e Solero potrebbero essere stati interrati rifiuti non trattati e comunque non messi del tutto in sicurezza. E poi Rocchino Muliere (Pd) è il sindaco di Novi Ligure, dove opera la Srt (Società per il recupero e trattamento dei rifiuti; il presidente è Alberto Mallarino; il vicepresidente è Corrado Bonadeo; i consiglieri sono Vincenzo Robbiano, Daniele Carbone, Celeste Malerba; il direttore è Andrea Firpo) che gestisce la discarica novese e quella Tortona. I presunti illeciti sarebbero stati compiuti nella fase di smaltimento del compost (il fos: frazione organica stabilizzata). E visto il coinvolgimento di ampie aree del territorio, una parola in più dal presidente dell’assise provinciale sarebbe stata gradita, come hanno rilevato al termine i consiglieri di opposizione.
Invece niente. Eppure il quadro appare a tinte fosche. L’Aral è finita nell’indagine della Procura di Brescia sul traffico di rifiuti con un capo impianto (Giuseppe Esposito) agli arresti domiciliari e un consulente, Ezio Guerci, indagato per una presunta mazzetta (un suv del valore di trentamila euro) per influenzare la compagna, sindaco di Alessandria, e favorire la cessione di quote di Aral alla società A2A. Tanto dovrebbe bastare alla politica per prendere posizione. Invece niente. Il Pd alessandrino ha affidato a Facebook una comunicazione che contiene peraltro un passaggio che dovrebbe fare ulteriormente riflettere. “Nel 2013 – si legge – l’allora assessore comunale all’Ambiente Claudio Lombardi comunicò di aver informato la magistratura e i militari del nucleo operativo ecologico su quanto gli era stato riferito circa strani conferimenti di materiale nella discarica di Castelceriolo, all’epoca peraltro già chiusa. Di quegli automezzi erano state fatte anche delle fotografie, finite alla Procura della Repubblica: di questo era stato riferito nella commissione Ambiente convocata da Daniele Coloris nell’ottobre 2013, oltre che in due interpellanze rivolte allo stesso assessore Lombardi, in una successiva Commissione; era stato argomento di trattazione anche nelle commissioni speciali sulle partecipate. Inoltre a specifiche richieste ad Arpa veniva sempre ricordato come ci fosse un’indagine di Polizia giudiziaria in corso”. Cosa sia accaduto però delle informazioni trasmesse alla Procura non è dato ancora oggi sapere. Invece è stata l’indagine avviata nel 2014 a Brescia a sollevare il coperchio su un traffico di rifiuti dalle notevoli dimensioni che è arrivato anche nell’Alessandrino. Con conseguenze tutte da capire. A partire da quelle ambientali fino a quelle economiche. Se è vero che i conti dell’Aral sono stati risanati con l’arrivo della consulenza di Guerci, è anche vero che se la società venisse travolta dallo scandalo rischierebbe anche di perdere le autorizzazioni attuali allo smaltimento, con il conseguente crollo degli introiti e una potenziale emergenza rifiuti dietro l’angolo. In pochi anni, l’Aral è passata da un passivo milionario a un attivo milionario, un valore globale di circa sei milioni, ma anche con una quindicina di milioni di debiti. La bufera giudiziaria potrebbe causare l’azzeramento del valore con una pesante ricaduta sui conti di Palazzo Rosso.