Alessandria è una città brutta?
Sono passati trent'anni da un convegno organizzato per discutere di "una nuova idea di città": Università, Cittadella, centro storico, complessi monumentali, grandi contenitori abbandonati, Orti, Cristo e periferie più recenti. Oggi ancora ci chiediamo se la nostra città sia davvero brutta e quale futuro desideriamo per essa...
Sono passati trent'anni da un convegno organizzato per discutere di "una nuova idea di città": Università, Cittadella, centro storico, complessi monumentali, grandi contenitori abbandonati, Orti, Cristo e periferie più recenti. Oggi ancora ci chiediamo se la nostra città sia davvero brutta e quale futuro desideriamo per essa...
“Preferisco non passeggiare per la città soprattutto per le cosiddette vie del commercio, molti negozi chiusi, nessuna attrattiva monumentale od espositiva, traffico fastidioso, arredo urbano sciatto e disomogeneo, facciate fatiscenti”. Se, per citare Rem Koolhaas “lo shopping è con tutta probabilità l’ultima forma restante di attività pubblica” la città dichiara di essersi chiusa nei suoi privati anfratti come del resto ha sempre fatto… lasciarla andare, lasciarla bollire… dice Armanda Tasso durante la discussione libera e nel contempo frammentaria all’interno del nostro studio sul che fare di Alessandria.
Inizia così l’articolato contributo (firmato a più mani) che siamo lieti di offrire oggi alla discussione pubblica, prodotto come riflessione collettiva dallo Studio di architettura CMT di Alessandria, che per primo ha voluto cogliere la sfida che abbiamo lanciato e rispondere a una domanda che gli alessandrini si pongono periodicamente, spesso finendo per schiersi fra chi difende il nostro capoluogo un po’ per partito preso, almeno quando lo sente attaccato da chi in città non abita, e chi invece, altrettanto per partito preso, spesso vivendo in città ne è il primo detrattore.
Forse se Alessandria sia o meno una città brutta merita qualche riflessione in più, che non sia solo slogan. Forse la risposta può dipendere dall’occhio che la guarda, dalla prospettiva da cui la si osserva, dalle ambizioni e dalle aspettative che si nutrono.
Ecco dunque la riflessione prodotta da questo importante e variegato studio di architettura (composto dagli architetti Roberto Carpani, Giulio Masoni, Armanda Tasso, Roberta Buso, Laura Morreale, Maura Pastorino e MIchele Carpani): la prima, speriamo, di una serie di contributi che saremo lieti di ospitare, anche da parte di altri soggetti, sia privati che pubblici. Se non si vuole attendere altri 30 anni per tornare a porre le medesime domande, forse è il caso di ragionare oggi sulle scelte strategiche da intraprendere e cominciare a tradurre i propositi in azioni concrete.
Intendo citare piazza Vittorio Veneto ed il suo intorno, il sagrato e la piazza di S. Maria di Castello e il Ponte Meier (la foto a fianco è di Laura Marinelli ndr). Le vecchie e grandi piazze come piazza della Libertà o piazza Garibaldi, quest’ultima, dal punto di vista architettonico, la più armoniosa ed equilibrata per la simmetria dei suoi affacci, si sono trasformate in grandi parcheggi “dove non si può certo passeggiare volentieri, rallentare il passo o avere una sosta tranquilla”.
Scrive Mario Mantelli in un suo recente articolo “Invito a un’Alessandria futuribile (con qualche buon libro)” nel quale cita anche, come motivi ispiratori del miglioramento della città i valori di identità, soggiorno, contesto. E a proposito del valore dell’identità della città: “… chi passeggia per Alessandria si accorge che Piazza della Libertà ridotta a parcheggio e traffico automobilistico senza una presenza monumentale adeguata… non appare più come un tempo, il simbolo dell’identità locale… Dietro le spalle del municipio (e siamo nel centro del centro della città) il grande isolato del Convento di S. Francesco con il suo patrimonio di spazi costruiti, di arte e di verde è si il simbolo del nostro cuore cittadino.. Ricostruire questa identità urbana è sicuramente una priorità nella costruzione di un futuro cittadino, un primo segnale di orgoglio civico: non abbiamo, tra l’altro, un museo unitario della città e del territorio come pressochè tutti i capoluoghi di provincia piemontesi”
Intervenire nel corpo della città con una visione organica del sistema urbano o più nello specifico della parte di città in cui si opera, significa valorizzare il contesto, qualificare la città come un corpo complesso e articolato.
Alessandria ha un valore nascosto: il suo tessuto urbano, la mappa stessa della città, gli interventi urbanistici moderni, le suggestioni che sopravvengono a tratti passeggiando entro gli spalti inducono ad una considerazione: il tracciato dei percorsi, le presenze tipologiche entro il tracciato stesso, il legame tra le emergenze, le piazze e le chiese, rimandano con straordinaria chiarezza alla storia della città. E’ facile ancora oggi riconoscere e circoscrivere le parti della città storica riconducibili agli antichi borghi dentro gli spalti. E’ su questo preciso carattere urbano che a nostro parere bisognerebbe insistere, lavorare, individuando come elementi da salvaguardare, i percorsi , i collegamenti, le buone tipologie edilizie.
Lo sviluppo della città ha legato le varie parti di questa ma ognuna ha mantenuto una sua precisa riconoscibilità. C’è ad esempio, una parte di città che testimonia ciò che vi è stato di specifico nella sua storia nell’ottocento e novecento: la sua identità militare e industriale. Dai giardini della stazione ferroviaria a Piazza Garibaldi, alla Borsalino con le realizzazioni dei Gardella, fino al grande complesso della Caserma Valfrè. Questo grande contenitore dovrebbe accogliere un buon esempio di edilizia residenziale gestita in crowdfunding non temendo di lasciare parti vuote non edificate che potrebbero tramutarsi in spazi di sosta urbana caratterizzati da un arredo “povero”, verde graminaceo, modeste panchine, pavimentazioni in cemento, illuminazione di fascino.
Piccoli interventi, forse solo delle semplificazioni ed il rispetto di alcune regole, potrebbero avviare un processo di trasformazione della città. Alcune direttrici interne agli spalti andrebbero valorizzate, ad esempio via Cavour e via Milano, senza elementi di “arredo urbano”, ma con un sistema di illuminazione e pavimentazione capace di rendere coerente ed omogenea la qualità del decoro della città. Parlare di percorsi significa anche esaltare alcuni cannocchiali prospettici quale quello che lega via Milano, piazza S. Stefano, via Dossena, piazza Gobetti , ponte Meier , esemplare in questo senso è via Gagliaudo tra via Cavour e piazza Duomo.
Oltre il fiume Tanaro, oltre la ferrovia ci sono altre piccole città: la Cittadella e il quartiere Orti, sono i passato e il presente che la città deve riacquisire.
La Cittadella è stata fonte di molti dibattiti, molte idee, qualche progetto… una storia infinita.
Se si provasse a gestire ciò che è gestibile, potrebbe divenire un bene naturalistico di grande attrazione, un grande parco d’accoglienza, di gioco e di sport. Si potrebbero restaurare alcune parti per spazi espositivi, pensiamo all’Hangar Bicocca a Milano, altre lasciarle, mettendole in sicurezza, come una sorta di memoria. Dice Rebecca Solnit: una città è costruita per somigliare ad una mente cosciente, a una trama che può calcolare, amministrare, produrre. Le rovine diventano l’inconscio di una città, la sua memoria, lo sconosciuto, il buio, la terra desolata. …. Una rovina urbana è un posto che è caduto al di fuori della vita economica della città, e in qualche modo è una casa ideale per l’arte, che si dà al di fuori della produzione ordinaria e dal consumo della città.
Dopo la tradizione militare e quella industriale, il quartiere Orti è il cuore rurale di Alessandria: la città che divora la campagna nel suo processo di crescita si è arrestata qui, pensiamo agli orti come una sorta di città giardino non sterile modello d’oltremanica ma frutto di concrete radici storiche. Esso potrebbe diventare il fulcro di un grande parco urbano che dalla Cittadella, attraverso il ponte Meier , raggiunge il lungo fiume e che senza soluzione di continuità ci porta alla ex Piazza d’Armi e agli argini del Tanaro. Il verde come definizione formale, razionale e compiuta della città che potrebbe spingersi seguendo il percorso dei fiumi sino alle zone di nuova edificazione nella parte sud-est della città.
La parola d’ordine deve essere quella della sostenibilità ambientale attuabile attraverso una visione generale della relazione tra risorse e territorio. In questi tempi l’idea di mobilità cittadina è stata vista in funzione dei traffici veicolari l’automobile ha distrutto il diritto di usare lo spazio pubblico come spazio di produzione della cultura urbana. La città è luogo in cui è possibile ancora sperimentare il gioco collettivo dell’identità, il luogo in cui è possibile uscire per diventare parte che guarda ed è guardata, tocca ed è toccata. (Franco La Cecla)
Non servono idee particolarmente geniali, guardiamoci attorno e vediamo cosa fanno le altre città, noi non siamo così unici per poter pensare che ci stia capitando qualcosa di molto diverso da altre città di provincia. MULTIMODALITA’: questa è la parola chiave alla quale occorre attenersi: trasporto pubblico, piste ciclabili, veicoli in condivisione, monitoraggio della qualità dell’aria, questa è la strada verso la mobilità sostenibile. Sono moltissimi i progetti attivi per cambiare e modificare i trasporti nelle grandi e piccole città europee e italiane.
Per MOBILITA’ SOSTENIBILE si intende tutta una serie di servizi e mezzi di trasporto pensati e messi a disposizione dei cittadini per ridurre il traffico, migliorare la qualità dell’aria, tagliare i consumi energetici. Fondamentale quindi è integrare i vari sistemi di trasporto, in modo che risultino interconnessi tra di loro, grazie anche al web e all’infomobilità. In questo modo è possibile scegliere tra un mezzo o l’altro in tutta semplicità, in base al percorso che dobbiamo percorrere in quel dato momento, per dimenticare o lasciare in garage l’auto privata. In un’epoca di crescente urbanizzazione, di salute pubblica da tutelare e di continua dipendenza da automobili, le soluzioni di mobilità moderne sono più che mai necessarie. Ogni città un tempo utilizzava la modesta bicicletta come uno strumento importante per una mobilità urbana di successo e occorre continuare o ritornare a farlo imparando a semplificare costruendo per le biciclette.
Lubiana negli ultimi anni ha implementato la rete delle piste ciclabili del 550% e con un piano per la mobilità sostenibile ha l’obbiettivo di giungere al 2020 con una mobilità composta da un terzo di mezzi pubblici, un terzo di mezzi non motorizzati, un terzo di veicoli privati
Helsinki punta per il 2025 ad eliminare l’auto privata in città con un complesso progetto di infomobilità
Oslo ha già in città 4.000 colonnine per ricaricare auto elettriche, corsie preferenziali ed esclusione dal pagamento dei pedaggi sempre per le auto elettriche
Malmo è solcata da 490 km di piste ciclabili, da un sistema semaforico che da precedenza ai ciclisti e la flotta municipale viaggia a basse emissioni
Amburgo si sta trasformando in chiave sostenibile grazie all’ambizioso progetto HafenCity, nei prossimi venti anni punta a diventare una città senza auto realizzando una cintura verde percorribile solo in bici o a piedi, ha già 1700 km di piste ciclabili e una fermata dell’autobus ogni 300m
Copenaghen è la città delle biciclette (ma non eravamo noi???) da più di venti anni fornisce un servizio di bike shering. Oggi ogni danese percorre in media 2,5 chilometri al giorno su una due ruote e una persona su due si reca al lavoro in bicicletta. Un risultato raggiunto con politiche e servizi mirati alla mobilità ciclistica: piste ciclabili sempre in aumento, onde verdi per i cicli (ovvero semafori sempre verdi per le biciclette) ampi parcheggi disseminati in tutta l’area cittadina che hanno preso il posto dei parcheggi destinati all’auto, facilità nei trasferimenti intermodali. Negli ultimi dieci anni ha investito più di 130 milioni di euro in infrastrutture per i ciclisti: ha 16 nuovi ponti per ciclisti e pedoni, otto dei quali hanno aperto negli ultimi due anni.
Queste cose non succedono solo all’estero, anche da noi si possono fare, infatti è Parma a conquistare la prima posizione e quindi il titolo di città più “eco-mobile” d’Italia. Vince non solo perché fa della pianificazione lo strumento di governo della mobilità – è una delle prime città italiane ad aver approvato il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile – ma anche per una buona dotazione di aree pedonali e ZTL, per i servizi di trasporto pubblico offerti ai cittadini e per un parco circolante ricco di veicoli a basso impatto; ma vince anche per la consolidata presenza di un mobility manager di città e di servizi di sharing mobility.
Milano, ha lavorato molto negli ultimi anni per ridurre traffico e inquinamento e migliorare la rete del trasporto pubblico. Dall’istituzione dell’Area C, al rafforzamento del servizio di BikeMi, che conta ormai più di 200 stazioni. Dalla recente esplosione dei servizi di car-sharing, sia privati che a partecipazione pubblica, all’inaugurazione della nuova linea della metropolitana. Da non dimenticare l’iniziativa Pass Mobility, dedicata a tutte le aziende del territorio, che permette al pendolare di rinunciare al mezzo privato scegliendo quello pubblico, pagato dall’azienda stessa.
Occorre uscire dalla logica emergenziale e affidarsi alla pianificazione, seguendo l’esempio di città come Parma, Bari, Foggia, Forlì, Pescara, Prato, Reggio Calabria, Milano e Torino, che hanno già approvato o quanto meno adottato in giunta il proprio Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS). L’auspicio è che nei prossimi anni sempre più città ne seguano l’esempio anche grazie al Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti che, con apposite linee guida, ha indicato non solo le procedure per la redazione e approvazione dei PUMS, ma anche quelle per la verifica che gli obiettivi fissati vengano realmente raggiunti. Nei prossimi mesi, inoltre, ci si attende che nella maggioranza delle città riprendano vigore le attività di mobility management, grazie ai fondi del programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro gestito dal Ministero dell’Ambiente”, previsto dall’art. 5 della legge n. 221 del 28 dicembre 2015 , il programma del Ministero favorirà anche la diffusione di metodi e strumenti di valutazione dei benefici associati ai progetti e alle misure che saranno messe in campo.
Alcune città si prestano agli spostamenti in bici, un po’ per tradizione e un po’ per la loro conformazione fisica, come nel caso della nostra città e investire nelle infrastrutture delle biciclette sarebbe una mossa moderna e intelligente. Con la crescente urbanizzazione le nostre città hanno bisogno di moderne soluzioni di mobilità e la bicicletta dimostra continuamente che può offrire risultati.
Occorre fare di Alessandria una città virtuosa per qualità dell’aria, gestione dei rifiuti, ricchezza del verde, inserita in un territorio, il Basso Monferrato di indubbia fascinazione con cui interagire e colloquiare. L’offerta della città ai propri cittadini e ai forestieri dovrebbe parafrasare quella di Alessandria negli anni ’50/’60 del novecento: un buon vivere, una buona cucina, valorizzazione di quella decorosa edilizia borghese che contraddistingue il centro storico della città.
Fondamentale per dare inizio a questo processo di rigenerazione dell’agglomerato urbano, sono la presenza e l’apporto dell’amministrazione pubblica:
a-per l’individuazione di risorse finanziarie;
b-per la messa a punto di interventi di partenariato con finanziatori privati:
c-per l’elaborazione di progetti e piani urbanistici in grado di indicare un sistema coerente di tracciati, percorsi di mobilità, emergenze architettoniche, spazi aperti, luoghi di sosta e di dare precise indicazioni di decoro urbano (pavimentazione, facciate, dehors, insegne, materiali, cromie).
Tutto ciò deve rappresentare un patrimonio in crescita, che nel suo carattere normativo divenga un vincolo imprescindibile per lo sviluppo della città, oltre il succedersi delle amministrazioni.
E voi, cosa ne pensate? Alessandria è una città bella o brutta? Perché? Inviate i vostri contributi a redazione@alessandrianews.it