Omicidio: domani la convalida del fermo
E’ previsto per domani mattina (lunedì 7gennaio), alle 10, nel carcere di piazza Don Soria, l’interrogatorio di garanzia per Aurela Perhati, la 24 enne di origini albanesi, accusata di aver ucciso Massimo Garitta.
Accanto a lei, dal momento del primo, lungo, interrogatorio che ha portato al fermo, c’è il suo difensore, avvocato Luca Amerio, del foro di Alessandria.
Sono tanti i punti ancora da chiarire. Primo fra tutti perché i due mondi dei protagonisti del dramma, così diversi, così lontani, si sono incontrati.
Il racconto fatto dalla 24enne sembra portare in una direzione ben precisa. Lei si sarebbe difesa da un tentativo di violenza.
I punti confusi, che inquirenti e magistratura dovranno chiarire, sono due: la fase iniziale, ovvero perché la ragazza ha fatto salire sull’auto il 53enne, e la conclusione di quell’improbabile incontro.
Perché Aurela ha fatto salire in auto quell’uomo? Solo lei potrà spiegarlo.
E’ il 31 di dicembre, sono appena trascorse le 18.30. Massimo Garitta sta chiedendo l’elemosina in centro, a Ovada. La ragazza lo fa salire sulla sua vettura, un fatto che non passa inosservato agli occhi di tanti ovadesi. Si spostano prima verso il cimitero, poi in direzione dell’autostrada.
Quando arrivano nella zona più illuminata lei nota che l’uomo si sta toccando le parti intime, infilando le mani sotto la cintola dei pantaloni. Da quel momento le decisioni e le azioni diventano confuse, concitate. Lei si ferma in un campo per farlo scendere, lui risponde colpendola con una manata sul petto. Inizia una colluttazione, lei cerca di difendersi tirando calci. La situazione degenera, diventa violenta. Lei, nel tentativo di difendersi, finisce sul sedile posteriore dell’auto. Lui, secondo il racconto della ragazza, e’ in mezzo ai sedili della Lancia Y che cerca, ancora, di aggredirla. Lei si dibatte, resiste, lui torna a sedersi sul sedile del passeggero. Non c’è tempo per tergiversare, la ragazza riesce a scendere dall’auto. Urla, e fa in modo che anche lui scenda dalla vettura. A quel punto lei risale e ingrana la marcia.
La dinamica, da quel momento, e’ nebulosa.
Lui viene trovato privo di vita molte ore dopo, proprio in quel campo. Ha i pantaloni abbassati e la maglia parzialmente alzata. Su di lui i segni evidenti delle ruote dell’utilitaria. Impresso sul giubbotto, come un marcio a fuoco, il numero di serie della marmitta. Da lì gli inquirenti partono. Le indagini sono serrate, bisogna trovare gli elementi che conducano a chi guidava la macchia. Li trovano, cercano conferme. Il lungo interrogatorio nella notte tra giovedì e venerdì porta alla confessione della ragazza. Scatta il fermo. Ma sono tanti gli aspetti avvolti da una nebbia che solo lei potrà dipanare.