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Monica Gasparini  
2 Febbraio 2019
ore
10:50 Logo Newsguard
Il caso

‘Compost e fatture inesistenti’: agricoltori assolti

'Non luogo a procedere, il fatto non sussiste' per una quarantina di imprenditori dell'Alessandrino

'Non luogo a procedere, il fatto non sussiste' per una quarantina di imprenditori dell'Alessandrino

Oltre una quarantina di agricoltori alessandrini erano finiti nei guai per fatture “inesistenti” che attestavano l’utilizzo di compost per il quale erano stati chiesti e ottenuti contributi regionali. Venerdì, 1° febbraio, udienza in Tribunale ad Alessandria: il pubblico ministero ha chiesto per tutti l’assoluzione perché il fatto non sussiste. Il giudice, Tiziana Belgrano, ha accolto la richiesta e ha dichiarato (per tutti) il non luogo a procedere perché il fatto non sussiste.

Determinante, in questa lunga e complessa vicenda, la difesa degli agricoltori, affidata agli avvocati Vittorio Spallasso, Roberto Cavallone, Claudio Simonelli, Daniela Sogliani, Raffella Pastore e Gianpiero Mazzone, che ha argomentato su più punti. Intanto, sulla procedura disposta dalla Cee in base alla quale se un agricoltore percepisce indebitamente contributi dallo Stato può restituirli secondo compensazione (come di fatto è poi avvenuto). Ovvero, se ne deve ricevere altri non li otterrà fino al raggiungimento della cifra ottenuta senza averne avuto diritto. Non solo, di quelle fatture spuntate durante una verifica, gli agricoltori non ne sapevano nulla. Né le avevano emesse, ha spiega la difesa, tantomeno registrate.

La procura della Repubblica aveva indagato sull’uso del compost in agricoltura. I contributi erano stati erogati dopo che molti agricoltori avevano aderito a un progetto collettivo stipulato tra Aral spa (l’azienda comunale che si occupa della gestione rifiuti), e Coldiretti tramite Impresa Verde Alessandria, una società il cui capitale sociale appartiene al 97% alla Federazione Provinciale Coldiretti di Alessandria. Un progetto virtuoso in base al quale Aral si impegnava a produrre compost di qualità e gli imprenditori agricoli, a loro volta, lo avrebbero usato per concimare i loro campi. Secondo l’accusa, tra il 2010 e il 2014, erano stati erogati poco meno di seicento mila euro, a danno della Regione perché ad un certo punto Aral non era più riuscita a produrre il compost per coprire il fabbisogno di tutti gli agricoltori, che però avevano continuato a percepire il contributo tramite Coldiretti presentando, secondo l’indagine, quelle fantomatiche fatture su cui la Provincia doveva svolgere controlli. E infatti, quando la Provincia verifica, spuntano le fatture (49) “inesistenti”, relative ad acquisti di compost da parte degli agricoltori presso Aral. Impresa Verde, che per la gestione di quelle pratiche aveva percepito il dieci per cento degli importi consegnati agli agricoltori, aveva denunciato la non corrispondenza tra le fatture e il compost.

Il Tribunale del Riesame aveva negato il sequestro dei beni agli agricoltori. Aveva rigettato l’appello del Pm: il magistrato aveva chiesto il sequestro preventivo equivalente alle somme che gli agricoltori avevano incassato come contributo regionale in cambio dell’impegno ad aderire al progetto di utilizzo del compost fornito da Aral. Accorata la difesa: gli agricoltori non hanno detto il falso ma la verità nelle dichiarazioni per accedere al contributo. «Si sono impegnati a spargere il compost e poi, per un evento che non dipendeva da loro, (Aral non era riuscita a produrre sufficiente materiale) non sono stati in grado di ultimare la procedura».

Ora il caso è chiuso. Il giudice ha dichiarato il non luogo a procedere. Il fatto non sussiste.