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    pubbliredazionale
    La conversione del Gipsy’s  che anticipa il futuro: il bar mette al bando la plastica
    pubbliredazionale
    4 Ottobre 2019
    ore
    07:43
    Il racconto
    La conversione del Gipsy’s che anticipa il futuro: il bar mette al bando la plastica

    Alessandria prova ad anticipare il futuro, nella speranza che non sia troppo tardi. E per fortuna c’è chi ha deciso di anticipare le leggi le quali, per loro natura, si muovono come pachidermi poco adatti al terreno dell’attualità.
    De Petro è una ditta di Novi Ligure che ha capito che la tutela dell’ambiente può essere un affare, oltre che una necessità. Il Gipsy’ è un bar di Alessandria, storico eppur all’avanguardia.

    È bastato un capodoglio a fare sbocciare un amore, diremmo se fossimo romantici; a far stipulare un contratto, diremmo se fossimo pragmatici e materialisti; a far nascere un’intesa è, invece, quel che diciamo per spiegare cosa sta succedendo nel locale di via Galvani, dove il quartiere Pista è ormai Europa, ma non da molto.

    «Ho visto un video e mi sono sconvolto. Chiedendomi anzitutto: e io cosa posso fare?». Angelo Telesca è un ex ragazzo che, nel suo locale, ha maneggiato chissà quanta plastica sotto forma di piatti e forchette. Ecco cosa può fare, lui: eliminarla. Ha spiegato il progetto al cugino Alessandro, l’altro gestore del Gipsy’s, e questi gli ha detto: «Massì, di idee bizzarre ne hai sempre per così, facciamoci andar bene anche questa». In realtà, i due ci hanno messo poco a viaggiare sullo stesso binario filosofico. E chi va al Gipsy’s, ora, di contenitori in plastica non ne trova più. E a giorni andranno a esaurimento pure le vaschette in polistirolo che contengono il gelato. A scorte finite, il celebre fior di latte e i suoi illustri fratelli verranno serviti in recipienti compostabili.


    Sulla spiaggia in Sicilia

    E il capodoglio? C’entra (malgrado le dimensioni). «Su internet – racconta Angelo – mi sono imbattuto in un filmato in cui si vedeva un cetaceo spiaggiato in Sicilia. Era morto. Nel suo stomaco una ventina di chili di plastica». Greenpeace lanciò l’allarme: «Non possiamo fare finta di niente».

    L’associazione ambientalista raccontò che, in poco tempo, erano stati trovati ben 5 capodogli spiaggiati sulle coste italiane.
    «Nello stomaco di una femmina gravida, in Sardegna, sono stati trovati addirittura 22 kg di plastica. Il mare ci sta inviando un disperato Sos: bisogna intervenire subito per salvare le meravigliose creature che lo abitano».

    All’indignazione, Angelo ha fatto seguito la reazione. E la voglia di fare qualcosa. Ha pensato a quante cannucce in plastica maneggia ogni giorno, alle forchettine degli aperitivi, alle palette dei gelati, ai piatti… Tutto in plastica. Drammaticamente, verrebbe da aggiungere pensando alla totalità dei bar nella sola Alessandria, a quante cannucce vengono utilizzate, a quanti stuzzichini sono serviti su piatti da gettare via, con le forchette, i cucchiai…


    Voglia si compostabilità

    Il mondo di De Petro è arrivato in aiuto, con una soluzione che si chiama polpa di cellulosa. Compostabilità è la parola chiave. Che, per fortuna, non è una prerogativa del Gipsy. «I nostri amici di Alessandria stanno facendo un’ottima cosa – racconta Beatrice De Petro, titolare dell’omonimo gruppo – ma mi piace ricordare che, nell’ultima estate, abbiamo aumentato del 92% la vendita di posate e piatti compostabili. Molte Pro loco e associazioni, infatti, hanno eliminano in gran parte la plastica dalle loro sagre, preferendo prodotti di materiale alternativo». Che, nella fattispecie contempla materiali naturali residui, come la fibra di canna da zucchero. Assicurati «inalterazione di parametri chimico-fisici in seguito alla degradazione» e «assenza di effetti negativi sulla qualità del compost».

    Già, perché, una volta utilizzato, il materiale finisce nel bidone dell’organico, mentre con la carta vanno, ad esempio, le cannucce.
    «I primi effetti sulla clientela sono positivi – conclude Angelo Telesca – Un bambino, un po’ perplesso, ha brontolato. Io gli ho spiegato: ‘Guarda che lo faccio per te’». Poi gli ha raccontato la storia di un capodoglio, la cui unica colpa è stata quella di vivere nel mare inquinato da noi…

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