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    Mauro
    Cultura, Generic, Home
    29 Marzo 2021
    ore
    06:10 Logo Newsguard
    l’intervista

    Mauro Ferrari: «La poesia è viva e vanta un pubblico trasversale»

    «Siamo stati i primi a organizzare eventi online, con esiti inaspettati. Con Puntoacapo offriamo prodotti editoriali che non c?erano»

    NOVI LIGURE — Il novese Mauro Ferrari è direttore editoriale della Puntoacapo di Pasturana, uno dei maggiori riferimenti di poesia contemporanea.

    — Cos’è la poesia oggi?

    «Sta vivendo un momento discreto, nonostante da decenni non ci siano dei “nuovi” Montale. Sicuramente si è persa un po’ di risonanza, ma il settore ha molto seguito; si pensi che circa 3 milioni di persone fanno concorsi e scrivono poesie».

    — E in Puntoacapo?

    «Siamo nati nel 2008 con l’idea di offrire sul mercato un prodotto editoriale che non c’era. Inizialmente avevamo due collane di poesia, settore di punta, e una di critica; negli anni l’offerta si è ampliata. Abbiamo vinto più di 80 premi letterari di poesia e 50 premi speciali della giuria. Cifre che fino a qualche anno fa erano solo ad appannaggio dei grandi editori».

    — Come incide la pandemia?

    «Molti editori sono in difficoltà. È fondamentale lavorare sui social; noi siamo stati i primi ad avviare incontri online, con risultati inaspettati: a ogni diretta partecipano oltre 100 utenti attivamente. Volevamo creare una comunità di poeti, ci siamo riusciti: un pubblico nazionale come gli autori, di dimensioni notevoli e di qualità».

    — Qual è il pubblico della poesia?

    «Per pubblico intendo lettori medio-forti, che si costruiscono un gusto personale e consapevole. È trasversale e omogeneo, non è vero che è composto da anziani; forse più del pubblico “femminile” della narrativa o “maschile” della saggistica. Inevitabile invece che sia più avanzato culturalmente».

    — Qual è la forza letteraria della poesia?

    «La poesia vera tende a sfruttare tutte le risorse del linguaggio perché deve veicolare contenuti profondi e raggiungere la perfezione di ciò che vuol dire con metafore, ritmo, suoni. Tutto senza cadere nell’artificiosità, ma facendo apparire le parole come un discorso naturale. In passato invece il linguaggio era molto distante dal parlato. Il rischio oggi è scegliere uno stile troppo povero, inadeguato a sorreggere il testo».

    — Cosa spinge un giovane a scrivere poesie?

    «All’inizio il bisogno di espressione creativa, che negli adolescenti è molto forte e spontanea, poi deve venir mediata da consapevolezza espressiva: letture, studio, confronto».

    — Come si studia poesia a scuola oggi?

    «I programmi non sono aggiornati; i miei studenti hanno gli stessi che portai io nel 1978. Un dato agghiacciante. La poesia la sua aura di prestigio, è relegata ai margini. Lo stesso è successo alla letteratura tout court, per cui a scuola ha perso peso didattico. Non parlo solo dello studio a memoria di quello che poteva diventare un bagaglio personale, ma di analisi e apprezzamento del testo, connessione fra testi poetici e realtà. Ecco perché stiamo lavorando, con un gruppo di poeti, critici e docenti, a un volume seguito di “Dove va la poesia?” da me curato pochi anni fa: c’è bisogno di dare qualche scossone e dimostrare che la poesia è ancora viva».

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