‘Scuola di legalità’: la forza e il coraggio di Aiello e Clemenza
Ospiti dell’incontro di ieri sera organizzato da Libera, la testimone di giustizia che ha collaborato con Paolo Borsellino e l’imprenditore di Castelvetrano vittima dei soprusi mafiosi
Quarto appuntamento con la ‘Scuola popolare di legalità’ che Libera ha attivato al Complesso monumentale di Santa Croce, a Bosco Marengo.
Ospiti dell’incontro di ieri sera Piera Aiello, testimone di giustizia che ha collaborato con Paolo Borsellino e Nicola Clemenza, imprenditore di Castelvetrano vittima dei soprusi mafiosi.
Testimone di giustizia originaria di Partanna (Trapani), Piera Aiello nel 1985 e a soli 18 anni, fu costretta a sposare Nicola Atria, figlio del mafioso partannese Vito, che sarà ucciso nove giorni dopo.
Lo stesso Nicola venne invece ammazzato davanti a lei il 24 giugno 1991: a seguito di quest’evento, Piera Aiello decise di denunciare i due assassini del marito e d’iniziare a collaborare con la Polizia e la magistratura, insieme alla cognata Rita Atria, in particolare con il giudice Paolo Borsellino. «Per me e Rita, era come un padre. All’epoca io avevo 24 anni e Rita 17: per noi diventò un punto di riferimento, una spalla amica con cui confidarsi e su cui poter sempre contare – racconta Piera Aiello – Paolo naturalmente rispettava il suo ruolo di magistrato ma era davvero molto umano, una persona splendida».
E il rapporto con Rita? «Sulla carta eravamo cognate ma, prima di tutto, eravamo molto amiche. Il nostro rapporto era fatto di grande complicità e spesso, non servivano nemmeno le parole: bastava uno sguardo per capirci». Una settimana dopo la strage di via D’Amelio, Rita Atria – all’epoca 17enne – si tolse la vita.
Lotta alla mafia
Piera Aiello è stata la prima parlamentare nella storia della repubblica italiana ad essere eletta con lo status di testimone di giustizia: «Per me ha significato moltissimo: ho vissuto per 28 anni nell’anonimato, cambiando le mie generalità e da un momento all’altro sono diventata un personaggio pubblico – prosegue ancora – All’inizio è stato difficoltoso perché non ero abituata a vivere sotto i riflettori ma allo stesso tempo, ha rappresentato un momento di svolta importante: mi sono ripresa la mia vita e il mio nome, è stato come rinascere. Era il mio più grande desiderio: oggi posso dire che i sogni si avverano».
Come vive la sua vita oggi? «Sono molto serena, vivo la mia quotidianità apprezzando ogni attimo. Sono consapevole dei rischi che corro, non faccio progetti a lungo termine ma non ho paura: sono solo una cittadina che ha fatto il proprio dovere – conclude – Ho sempre seguito l’educazione di mio padre che mi ha insegnato prima di tutto la parola ‘rispetto’: se tutti lo mettessero in pratica come ho fatto io, il mondo in cui viviamo sarebbe diverso e tutto questo non esisterebbe».
Anche Nicola Clemenza ha fatto della lotta alla mafia, lo scopo della sua vita. Insegnante e imprenditore agricolo di Partanna, diventa promotore del Consorzio Tutela Valli Belicine, che riunisce alcune aziende olearie del Trapanese con l’intento di svincolare la filiera dell’olio dal controllo della mafia e di realizzare delle “economie di scala”.
Per questo, subisce intimidazioni e attentati, tra cui l’incendio della macchina e di parte della sua casa. A seguito di questi episodi, anziché mollare, decide di fondare l’associazione “Libero Futuro Castelvetrano”, dando assistenza agli imprenditori vittime di soprusi mafiosi e creando una rete di assistenza finalizzata a portare alla luce i crimini e alla sbarra i responsabili. «Per tanti anni mi sono sentito solo nella mia terra e ho intrapreso queste scelte per contrastare il fenomeno della criminalità organizzata che è sempre stato drammaticamente e socialmente condiviso – dichiara Nicola Clemenza – Dopo l’attentato, e a seguito delle varie telefonate “di turno”, diversi imprenditori hanno fatto marcia indietro: non li ho mai biasimati e ho sempre compreso la loro paura, i tempi non erano ancora maturi. Io sono riuscito a reagire e a non avere paura, soprattutto quando ho realizzato che l’esposizione era l’unica arma che avevo per sopravvivere. Ed è anche una denuncia preventiva: il periodo stragista è finito e la mafia deve essere consapevole che, da parte mia, non ci saranno mai tentennamenti: denuncerò e lotterò sempre».
Ma quanto è importante educare i giovani alla legalità. «Mi sono quasi stancato di parlare di ‘educazione alla legalità’. Preferisco parlare di ‘normalità’: da insegnante pedagogista ho svolto un dottorato di ricerca per intraprendere una didattica nuova, proprio per ‘educare alla normalità’ – sottolinea ancora – È in questo modo che lascio intravedere quanto per me sia fondamentale la legalità. Nelle scuole, bisogna implementare e ristrutturare l’ora di educazione civica: se ci soffermiamo sul peso sociale della criminalità organizzata, allora ci rendiamo conto di quanto sia imprescindibile educare i ragazzi alla ‘normalità-legalità’».
Oggi Nicola Clemenza collabora con il Tribunale di Trapani nella gestione dei beni confiscati alla mafia, affinché ne venga assicurato il recupero della funzione sociale anche al fine di creare nuovi posti di lavoro. Svolge inoltre progetti con diverse scuole, pure in Liguria, nell’ambito dei percorsi di Pcto sui terreni confiscati, approfondendo e formando sull’economia circolare e sull’obiettivo di preservare l’integrità dell’ecosistema con metodi di coltura mirati.
E sull’arresto di Matteo Messina Denaro? «Al di là delle polemiche, in questo modo si è raggiunto un livello sociale altissimo ed elevatissimo: l’arresto di Messina Denaro ha disvelato l’immagine “quasi dell’eroe” mafioso perché finalmente è venuto a galla il bassissimo livello di dignità sociale e morale che la mafia rappresenta – conclude – Lo considero un volano per ripartire e per fare quella che io definisco la vera e forte antimafia da contrapporre della criminalità organizzata. E questo vuol dire costruire una vera e propria società civile organizzata».
Nella mattinata di oggi, Aiello e Clemenza incontreranno gli studenti dell’istituto ‘Ciampini-Boccardo’ di Novi Ligure per la conferenza all’interno del progetto “Educazione alla legalità e al contrasto delle mafie”, giunto al terzo anno grazie all’impegno del dirigente Mario Scarsi e alla determinazione delle docenti responsabili del percorso, Valentina Avvento e Monica Oreggia.