“I 10 mesi in Canada? Il periodo più felice della mia vita”
Lo studente casalese Enrico Buzzi la sua esperienza: "I primi mesi piangi tutti i giorni, poi..."
CASALE MONFERRATO – Enrico Buzzi, all’epoca 17enne, è partito per fare 10 mesi in Canada, affrontando la lontananza e le difficoltà. Frequenta il liceo scientifico ‘Palli’ di Casale Monferrato.
Enrico, com’è andata?
“Sono partito il 29 agosto 2022 e rientrato il 24 giugno scorso: la mia destinazione è stata Vancouver, un vivace porto della British Columbia in Canada. Mi ha affiancato l’associazione You Abroad”.
Quanto è stata dura all’inizio?
“Molto. I primi mesi piangi tutti i giorni, poi ti tocca decidere se essere felice. ‘It is up to you’, come spesso dicono loro. ‘Sta a te’. Io ho scelto di essere felice. Consiglio sempre a quelli che vogliono fare questa esperienza di andare là 10 mesi e non 3 o 5, perché per quel tempo si tira a campare, a sopravvivere, però il vero scopo di un’esperienza simile, per godersela, è vivere là. Io penso di aver vissuto molto, se mi guardo indietro”.
Qual è stato il vero punto di svolta?
“Tanto per cominciare, in Canada non ci sono i pregiudizi che ci sono in Italia. Vancouver è una città estremamente multi-etnica, con una comunità Lgbtq+ molto forte e sviluppata. Non vi è alcun fascino per lo straniero, dal momento che là lo sono quasi tutti. Ragion per cui a nessuno importa che tu sia italiano. Sei tu che devi ‘sbatterti’ e andare dagli altri ragazzi a fare amicizia – dice un po’ ridendo – Probabilmente quando sono uscito dalla mia ‘comfort zone’, iscrivendomi ai corsi più stravaganti come cucina, ho ‘fatto un passo’. È importantissimo partecipare a più indirizzi possibili per conoscere ragazzi nuovi e ambientarsi”.
Le famiglie
E la famiglia ospitante?
“Anzitutto ne ho avute due: la prima l’ho cambiata entro 10 giorni. Mi sono trovato veramente male, preferisco non ricordarla. Anche con la seconda non sono state tutte rose e fiori. Ti abituano ad essere estremamente indipendente, soprattutto perché non ti prestano molta attenzione… Però ho imparato a fare la lavatrice… Questo ti fa apprezzare la mamma a casa, un fatto che tante volte diamo per scontato”.
A scuola com’è andata?
“Subito in grossa difficoltà: non capivo nulla di inglese e facevo fatica ad integrarmi. Stavo molto con i ragazzi italiani, poi quando i miei amici dopo circa 5 mesi se ne sono andati la mia seconda vita ha avuto inizio. Ho fatto amicizia anche con giovani canadesi, il basket mi ha aiutato molto.”
Cosa è rientrato a casa con te?
“Ho costruito rapporti che mi auguro di portare avanti per tutta la mia esistenza. Sono persone incredibili che avranno per sempre un pezzo di me e io le porterò dietro per il resto della vita”.
Il rientro
Com’è stato il ritorno a scuola?
“E’ andato bene, anche se ora sento che ormai la mia vita è là. Gradualmente mi riabituerò alla routine che c’è qui, però se potessi tornerei a Vancouver subito! Ci sono i miei amici, il basket, le abitudini che ormai hanno preso parte della mia vita. Per quanto riguarda il ritorno a scuola non sono troppo preoccupato, sono ancora fresco da tante inebrianti novità”.
Vorresti tornare se ne avessi la possibilità?
“Si! Ormai sento che è quella la mia vita. Preferisco decisamente quell’ambiente rispetto all’Italia, che trovo ancora molto retrograda e piena di pregiudizi che non fanno altro che minare la società. A Vancouver invece ognuno è libero di essere ciò che desidera senza essere giudicato. Ha una perfetta integrazione delle comunità etniche presenti e anche il tasso di criminalità è bassissimo. E poi a livello naturalistico il Canada in generale merita di essere visto”.
Questa avventura a cosa è servita?
“E’ un’esperienza che ti porta a diventare uomo. E’ un fatto incredibile che ti succede nella vita. E’ stato in assoluto il periodo più felice della mia”.