Alessandria,
Un momento della conferenza stampa. Da sinistra: Viola Cereda, Mirella Benazzo e Giuseppe Ungherese
Cronaca
Giordano Panaro  
28 Giugno 2024
ore
16:20 Logo Newsguard
Dossier Spinetta

Alessandria, in 36 hanno pagato per le auto analisi: «Tutti positivi ai Pfas»

Il sangue dei volontari è stato inviato in Germania per essere indagato. Ma mancano i riscontri sull’Adv e il cC6O4. Le associazioni green«La Regione dica con chi sta»

ALESSANDRIA – In tutti i campioni di sangue delle 36 persone che – a maggio – si sono sottoposte volontariamente al test, sono stati trovati valori di Pfas superiore ai 2 nanogrammi per millilitro, soglia di guardia presa in considerazione anche dalla Regione Piemonte per il suo biomonitoraggio in Fraschetta.

Mancano, però, i dati riferiti all’Adv e al cC6O4.

La statistica

Seppur statisticamente il dato – trentasei – è molto basso, per le associazioni che hanno promosso un test indipendente (Ànemos , Greenpeace Italia e Comitato Stop Solvay) è il terzo indizio che fa una prova.

Nel sangue della popolazione della Fraschetta e dei paesi limitrofi (esposti per decenni all’inquinamento del polo chimico di Spinetta) sono presenti sostanze chimiche, alcune cancerogene, sebbene in concentrazioni variabili che aumentano al crescere dell’età anagrafica dei partecipanti e che, come già evidenzia la letteratura scientifica, risultano più elevate nei maschi.

Terza analisi

Le analisi realizzate da un laboratorio dell’Università tedesca di Aquisgrana (perché in Italia nessuno se ne è fatto carico…) e pagate direttamente dagli alessandrini, arrivano dopo il rapporto di Liegi e quello della Regione Piemonte e sostanzialmente confermano, per la terza volta, alti livelli di Pfas nel sangue degli abitanti che hanno bevuto l’acqua, respirato l’aria e vissuto sui terreni inquinati.

Perché le sostanze cancerogene sono state trovate sia nei pozzi (alcuni chiusi per precauzione), sia nell’aria che nel sottosuolo.

E in un’area molto più estesa della Fraschetta – fino a Litta Parodi, Castelceriolo e Piovera – che neppure era stata presa in considerazione dal campionamento regionale, peraltro ancora in corso.

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“Accesso gratuito alle analisi”

«Cirio potrebbe avere l’età di mio papà-– ha esordito la portavoce dell’associazione Ànemos , Mirella Benazzo – penso che nessun genitore vorrebbe che il sangue dei propri figli fosse contaminato”.

L’ambientalista chiede al presidente della Regione di venire a parlare con le persone, perché la paura di ammalarsi è reale e la fiducia nelle istituzioni, “come abbiamo potuto constatare, è molto scarsa”.

Da un breve sondaggio sottoposto ai 36 volontari dalle associazioni, sarebbe emerso che né ospedale o medici di base, né Comune o Enti pubblici, li avrebbero informati a dovere sul biomonitoraggio e sui rischi a cui sono stati esposti.

Viola Cereda, del Comitato Stop Solvay, si rivolge alla nuova Giunta regionale.

«Chiediamo accesso gratuito alle analisi, per tutti – sottolinea la Cereda – E poi azioni concrete per risolvere il problema. È vero che non è colpa solo di questa industria, ma è chiaro a tutti che è ormai obsoleta e continuerà ad inquinare. Le istituzioni che cosa vogliono fare? Non si esprimono mai e ciò non è più tollerabile».

La posizione del Comitato è chiara già dal nome: chiusura dello stabilimento. «Non ci sono le condizioni per tenerlo aperto, ma se la Regione ha un’altra opinione, almeno ce lo faccia sapere».

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Il ricatto occupazionale

«Abbiamo capito che quell’industria non può produrre senza sversare nell’ambiente sostanze tossiche – ha ribadito Giuseppe Ungherese di Greenpeace – Le istituzioni devono far qualcosa per bloccare le produzioni nocive senza indugi. Gli interventi ‘spot’ non servono“.

E continua: “Stanno giocando con i fiammiferi vicino alla benzina».

Chiusura o parziale sospensione delle produzioni potrebbe voler dire, come spesso è stato paventato, perdita di centinaia di posti di lavoro: «A questo punto, dopo la terza analisi, non deve più valere la logica del ricatto occupazionale. Si devono interrompere le produzioni inquinanti e basta».

Azioni concrete

Greenpeace chiede al neo assessore alla sanità, il casalese Federico Riboldi, di attivarsi in modo pragmatico.

Le tre organizzazioni sottolineano «come questi dati possano aiutare la giustizia a inchiodare gli inquinatori. Se questo non sarà fatto, vorrà dire che la Regione Piemonte avrà voltato le spalle a una popolazione vittima di decenni di inquinamento».