Sindacati, a Valenza un "corposo" Primo Maggio
ALESSANDRIA - Non andate ad ascoltare i sindacati se avete necessità di una botta di ottimismo. Perlomeno: stamani di ottimismo…
TORINO – Negli ultimi anni il mercato del lavoro in Piemonte è cambiato profondamente. I posti disponibili aumentano, ma trovare candidati si fa sempre più difficile.
Allo stesso tempo, chi lavora si trova spesso in condizioni instabili, con contratti brevi, salari bassi e poca sicurezza. Lo raccontano in modo chiaro due recenti ricerche dell’Ires Piemonte, che mettono in luce una realtà in forte trasformazione, con rischi concreti per l’equilibrio sociale ed economico della regione.
Se nel 2018 un’impresa piemontese poteva contare su 9 persone disponibili per ogni posizione aperta, oggi ne trova appena 6. In sei anni, il rapporto si è ridotto di quasi il 40%.
A pesare sono soprattutto il calo dei disoccupati attivi (-41%) e delle persone che, pur inattive, erano pronte a lavorare (-35%). E mentre la disponibilità di forza lavoro si riduceva, le imprese hanno iniziato a cercare più personale: le entrate previste sono cresciute del 7%.
Guardando l’età dei candidati, emerge una realtà ancora più dura per i giovani.
Chi ha meno di 30 anni deve competere con 11 candidati per ogni posto disponibile; per gli adulti sopra i 30, invece, il rapporto scende a meno di 5.
Anche il titolo di studio fa la differenza: i diplomati e i laureati trovano maggiore richiesta, mentre chi ha solo la licenza media fatica a inserirsi, con 15 candidati per ogni posizione aperta.
Parallelamente, l’altro grande fronte di criticità riguarda la crescita del lavoro precario.
In Piemonte, quasi un quarto dei lavoratori è inserito in forme di impiego non standard: contratti a termine, collaborazioni atipiche, lavoro intermittente o su piattaforme digitali.
Nel 2023, il 21% dei dipendenti privati e il 19% dei pubblici aveva un contratto a scadenza breve, spesso inferiore ai sei mesi. Il fenomeno colpisce in particolare giovani e stranieri, dove contratti “brevi” superano l’85%.
Non basta avere un contratto: molti lavoratori fanno fatica a raggiungere redditi dignitosi.
Oggi il 9,2% dei dipendenti piemontesi guadagna meno della soglia minima considerata sufficiente. A incidere sono i contratti part-time, spesso involontari, e le occupazioni nei settori del commercio, della ristorazione e dell’assistenza domestica.
Metà dei part-time non è scelto liberamente, ma imposto dalla scarsità di opportunità migliori.
Anche la sicurezza sul lavoro mostra segnali preoccupanti. Nel solo 2022, in Piemonte si sono registrati 46.708 infortuni e 54 morti sul lavoro. Gli incidenti colpiscono soprattutto chi ha contratti precari, in settori come l’edilizia, la logistica e i trasporti.
E non va meglio se guardiamo alla legalità: circa 190.900 lavoratori sono impiegati in condizioni irregolari. Qui, tra lavoro nero, finti part-time e appalti non genuini, la precarietà diventa una trappola difficile da superare.
L’Ires propone alcune soluzioni per affrontare questo scenario:
formare continuamente i lavoratori per adattarsi ai nuovi bisogni delle imprese;
collegare meglio domanda e offerta di lavoro attraverso politiche attive più efficaci;
incentivare la mobilità settoriale e territoriale.
contrastare l’irregolarità del lavoro con controlli più serrati e incentivi all’emersione.
promuovere un lavoro dignitoso, come richiesto dagli obiettivi dell’Agenda 2030 Onu.
Sindacati, a Valenza un "corposo" Primo Maggio
ALESSANDRIA - Non andate ad ascoltare i sindacati se avete necessità di una botta di ottimismo. Perlomeno: stamani di ottimismo…