Alessandria, due velocità nella provincia dalle mille anime
La popolazione aumenta ad Alessandria, Valenza, Casale, Tortona e Novi. Nei paesi, invece, si svuotano case, scuole e servizi. Logistica e oro trainano, ma il mercato immobiliare frena e il territorio resta sospeso tra sviluppo e declino
ALESSANDRIA – Due traiettorie opposte si stanno disegnando nel cuore della provincia di Alessandria. Da un lato, i principali centri urbani registrano, dopo anni di declino, un aumento dei residenti. Dall’altro, le aree periferiche e collinari continuano a perdere popolazione, servizi, opportunità. È una frattura che non è solo sociale o geografica, ma anche profondamente economica.
Demografia: città in ripresa, piccoli comuni in ritirata
Nel 2024, Alessandria ha guadagnato 664 abitanti, Casale 147, Tortona 111, Novi Ligure 72 e Valenza 123. Numeri che segnano un’inversione di tendenza rispetto all’ultimo decennio. Ma il dato è ingannevole: il saldo naturale (nascite meno decessi) è negativo ovunque. A trainare l’aumento è solo il saldo migratorio: nuove residenze, spesso dall’estero o da altri comuni della provincia.
E fuori dalle città? Il silenzio. Il vuoto. Nei paesi dove la sanità è lontana, la banda larga è assente e l’autosufficienza logistica è un’illusione, la popolazione continua a scendere. Una provincia che cresce, e una che arretra.
Piazzetta della Lega, Alessandria – Foto Cecilia Ammazzalorso
Mercato immobiliare: prezzi bassi, poca attrattività
L’Osservatorio dell’Agenzia delle Entrate fotografa un mercato immobiliare a due velocità. Mentre il Piemonte cresce leggermente (+1% nel 2024), Alessandria è una delle poche province in calo (-0,2%). Il dato peggiore riguarda il capoluogo: -6% di compravendite, valori medi tra i più bassi della regione (803 euro al metro quadro), e crolli fino al -11,6% in centro città.
Le zone del Novese e dell’Acquese segnano un rincuorante +6%, ma nel Casalese e nel Valenzano si arretra ancora. Un patrimonio edilizio vecchio, spesso da ristrutturare, non aiuta a invertire la rotta.
Industria e logistica: i motori che resistono (e corrono)
Se la demografia è fragile, il tessuto produttivo mantiene invece segnali di vitalità. Alessandria e Asti rappresentano il 18% dell’export piemontese. Il settore orafo valenzano (al di là dei normali oscillamenti di mercato) continua ad attrarre investimenti delle multinazionali del lusso. E la logistica – grazie al Terzo Valico e alla centralità dei corridoi Nord-Sud – si conferma un asset strategico per il triangolo Alessandria-Tortona-Novi.
La manifattura c’è, ed è diversificata: gomma-plastica, meccanica, chimica, alimentare, vino. Eppure, solo alcune aree riescono a intercettare davvero crescita e occupazione. I tassi di impiego sono sì in aumento (+4% sul 2022, +3% sul 2023), ma ancora inferiori alla media regionale. La disoccupazione femminile resta elevata (8,5%).
Nuove generazioni: una fiducia da ricostruire
Secondo Ires Piemonte, la qualità della vita viene valutata con un dignitoso 7,1. Ma la fiducia sociale è ai minimi: solo il 23,9% degli abitanti dichiara di fidarsi del prossimo. In parallelo, la composizione sociale evolve: nel 2023, il 24% dei nuovi nati in provincia è figlio di genitori stranieri, con una presenza particolarmente significativa di comunità rumene, marocchine ed ecuadoriane.
Il ponte Meier sul Tanaro ad Alessandria – Foto Cecilia Ammazzalorso
Il ruolo dell’università: il campus è un “game changer”
Un possibile punto di svolta? Il nuovo campus universitario dell’UPO ad Alessandria. Sorgerà su 25mila metri quadrati nella zona nord della città, con spazi didattici, laboratori e aree aperte alla cittadinanza.
Una scommessa di lungo periodo. Ma anche un segnale: attrarre studenti e talenti, costruire una “cittadella della conoscenza”, potrebbe aiutare non solo a trattenere giovani, ma a immaginare un’Alessandria (e una provincia) diversa, più moderna, connessa, europea.
Così i vuoti si allargano
Quella alessandrina è una provincia dalle mille anime, un po’ torinesi e un po’ milanesi, un po’ liguri e un po’ langhette. Una condizione che affonda le radici nella profondità dei secoli. Ma ciò che sta cambiando è la condizione dicotomica tra città e aree rurali: poli urbani e industriali che crescono, periferie che si spopolano. L’economia riflette questa frattura. Le opportunità si concentrano. I vuoti si allargano.