La gentilezza è rivoluzionaria
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Andrea Boscaro  
25 Giugno 2025
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La gentilezza è rivoluzionaria

Nel dibattito pubblico la gentilezza non pare avere grande spazio. Ma nel mondo del lavoro può risultare un fattore di successo.

Albert Einstein diceva che «follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi». Eppure, nel mondo del lavoro molti sembrano ancora convinti che basti ripetere i modelli del passato – più stress, più controllo, più performance – per ottenere risultati migliori in un mondo che nel frattempo è completamente cambiato.

Basta guardare al modo con cui le nuove generazioni guardano al lavoro: non più il centro della loro vita, ma un ambito che deve coniugarsi con il tempo libero, gli amici, gli affetti. In questo scenario, l’idea che la leadership debba essere ridefinita non è una teoria astratta, ma una necessità organizzativa.

 

Fare, ma ancor più sentire

Lo racconta bene Annalisa Aceti, nel suo libro “Vendite e marketing gentili” edito da  Franco Angeli, in cui si cerca di superare la contrapposizione fra efficienza e umanità, così da individuare una connessione fra persone fondata sull’ascolto attivo e sulla collaborazione.

Dopo tanti anni in cui è stato prevalente il fare, occorre cominciare a “sentire”: un leader guida con l’esempio, non con il controllo. Un team commerciale che si sente ascoltato costruisce relazioni migliori con i clienti. Un’assistenza ai clienti guidata da manager empatici risponde con maggiore flessibilità e qualità. La gentilezza, intesa come competenza relazionale, non è debolezza, ma capacità di leggere segnali deboli, di negoziare senza perdere il rispetto dell’altro.

Nel dibattito pubblico, dominato da narrazioni muscolari e retoriche, parlare di leadership gentile può sembrare fuori tempo. Ma nei contesti reali è esattamente il contrario, anche per rispondere ai nuovi valori richiesti dalle generazioni più giovani. Non si tratta di buonismo, ma di adattamento ad un contesto che è cambiato.

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