Demografia e immigrazione, il modello francese si è inceppato?
Per molto tempo Parigi ha coniugato stato sociale e assimilazione dei migranti proponendolo come risposta al calo delle nascite, ma recentemente qualcosa sembra non avere funzionato
Negli ultimi anni, l’Europa si è trovata di fronte all’esplodere di numerose problematiche, dal Covid alla guerra in Ucraina fino all’immigrazione dal cosiddetto Sud globale.
Tuttavia, nessuna di queste la interessa così profondamente e in maniera così omogenea come la crisi demografica, un fenomeno che attanaglia il vecchio continente erigendo una pesante ipoteca sul suo futuro. L’inverno delle nascite, come lo ha definito in più occasioni Papa Francesco, ha posto i Paesi europei di fronte alla necessità di dover garantire in qualche modo la non scomparsa della propria forza lavoro, per poter fare affidamento su entrate fiscali capaci di sostenere le attività delle istituzioni statali e dei programmi da esse gestiti.
La vicina Francia ha rappresentato per molti anni un caso demograficamente virtuoso. Con un tasso di nascite di 1.68 figli per donna, Parigi si pone ancora oggi in una posizione di superiorità rispetto alla media di 1.5 nascituri dei Paesi dell’Unione Europea. Il successo del modello francese non è stato un banale esercizio di “conta delle culle”, bensì si è esteso a definire un intero sistema culturale generalmente caratterizzato dal connubio tra la cultura politica liberale di derivazione illuminista e un’apertura verso l’immigrazione extra-europea.
In Francia, uno Stato-Nazione tradizionale nel senso europeo del termine, la cultura natia è pre-esistente all’immigrazione e ha sempre ricoperto un ruolo centrale nella pedagogia nazionale. Solo così si può spiegare, l’apparente contraddizione dell’assimilazionismo francese: l’intero processo è focalizzato su una egalitè che si fa bandiera e manto accogliente del nuovo arrivato, dal quale però ci si aspetta la rinuncia in toto alla propria identità etnica.
Ma, nonostante le speranze, i tassi di natalità francesi – inclusi quindi i suoi cittadini di recente immigrazione e di seconda o terza generazione – hanno continuato a declinare in maniera preoccupante. Nel 2023 i nati entro i confini francesi sono stati 678.000, il 20% in meno rispetto al 2010. Il tasso di 1.68 figli per donna mantenuto da Parigi resta uno dei migliori in ambito Ue, senza contare che in parallelo al calo delle nascite la popolazione complessiva francese è comunque cresciuta. Tuttavia, è evidente che le criticità del sistema-Paese francese non possono essere risolte sostituendo sul lungo periodo i certificati di nascita con i permessi di soggiorno.
Nel 2010 il tasso di nascite per donna era 2.01. Il calo della natalità è evidente e sembra contagiare anche la popolazione di origine straniera. La questione appare direttamente collegata alla crescente insostenibilità del generoso stato sociale francese, che ha portato l’amministrazione guidata dal Presidente Emmanuel Macron a operare scelte drastiche sulle pensioni e i piani di assistenza per i disoccupati e gli anziani.
A dieci anni di distanza, anche Parigi è entrata comunque in una fase fiscale emergenziale, avviando una massiccia ristrutturazione della spesa pubblica inaugurata con la controversa riforma delle pensioni. Svolta che ha fatto precipitare la Francia in un’acuta crisi sociale e politica, a cui si affianca il cortocircuito dei rapporti interetnici, come dimostrato dalle violente proteste divampate dopo l’uccisione da parte della polizia del giovane Nahel Merzouk nell’estate 2023 o le spaccature all’interno della società francese sulla percezione del conflitto in corso a Gaza. In prospettiva, la questione demografica racchiude senza dubbio in sé il futuro della società europea.
Nel dibattito volto a superare a questa crisi, non sembrano emergere prospettive, al di là di una critica di fondo al modello economico e sociale incarnato dallo status quo. Situazione questa dalla quale anche il “sistema Francia” non si è rivelato esente, rappresentando alfine uno dei molti modelli del recente passato basati sull’illusione di poter rimpiazzare la questione della natalità con alternative che non affrontassero pienamente il tema dell’inverno demografico.
Federico Sangalli
Federico Sangalli, milanese, classe 1998, laureato in Scienze Politiche all’Università cattolica del Sacro Cuore, ha lavorato nel campo della raccolta e dell’analisi delle informazioni in campo sia editoriale che strategico, attraverso realtà aziendali consolidate (Fincantieri, Leonardo).