Jurassic World – La rinascita
Una scena del film con una coppia di dinosauri erbivori
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Barbara Rossi  
25 Luglio 2025
ore
10:33 Logo Newsguard
Polvere di stelle

Jurassic World – La rinascita

Il settimo episodio del franchise basato sul romanzo di Michael Crichton lancia un preciso messaggio ecologico ma è molto lontano dai fasti iniziali

«Amo Jurassik Park. Penso che il primo film sia un capolavoro del cinema, quindi questa opportunità è come un sogno per me.
Quindi sì, sono molto eccitato all’idea».
(Gareth Edwards)

Un’occasione imprevista

L’inglese Gareth Edwards – il regista di due successi al botteghino come Rogue One: A Star Wars Story (2016) e The Creator (2023), film, quest’ultimo, che ha salutato il suo ritorno al cinema dopo più di un decennio di assenza – non nutriva un grande interesse verso la sceneggiatura di Jurassic World- La rinascita, scritta da David Koepp, già collaboratore di Spielberg nel lontano 1993. Semplicemente, sperava che lo script non lo stimolasse, per dedicarsi ad altro.

Invece, la lettura è stata una vera sorpresa, come ha confessato lui stesso a “SFX Magazine”: «Ho letto la sceneggiatura con l’intenzione di odiarla, perché volevo solo prendermi una pausa. Ero pronto a dire cortesemente no. Una cosa del tipo: “È davvero valido, ma voglio fare altro. Grazie per avermi preso in considerazione”. Poi sono arrivato alla fine della sceneggiatura e ho pensato: “Oh cavolo, è davvero buona”. Tutti i personaggi risaltavano davvero. Era una di quelle situazioni in cui pensi: “Non posso non farlo”. Inoltre, il progetto si sarebbe completato nel giro di un anno. Quindi ho pensato: “Ok, non potrò fare altro che questo”. Ma in un certo senso era l’occasione di una vita, sotto molti aspetti. Mi ci sono buttato a capofitto. Solo ora stiamo tornando a galla.»

Edwards ha, quindi, lavorato a questo sequel “stand-alone” (ovvero, un’opera che si inserisce in una struttura a episodi senza perdere la sua indipendenza a livello narrativo) di Jurassic World – Il dominio (Colin Trevorrow, 2022) su diversi set in giro per il mondo – dalla Thailandia a Malta a New York – e negli Sky Studios di Londra. È stato richiamato come consulente il paleontologo Stephen Brusatte e coinvolta anche la storica Industrial Light & Magic della Lucasfilm per gli effetti speciali digitali legati alle vecchie e nuove figure dei dinosauri, resi attraverso una combinazione di animatroni (pupazzi meccanici robotizzati) e immagini ricreate al computer.

Si è utilizzata una pellicola in 35 mm, per richiamare l’atmosfera visiva del primo Jurassic Park, e telecamere Panavision in formato anamorfico, in grado di rendere le immagini più grandi del normale. La colonna sonora molto suggestiva composta da Alexandre Desplat, a sottolineare i passaggi chiave della storia, collima, dunque, con un’organizzazione artistica che mira alla perfezione, tesa strategicamente a evocare la nostalgia per gli episodi precedenti del franchise, oltre a soddisfare le aspettative estetiche e di racconto degli spettatori. In Jurassic World- La rinascita, proprio come in un gigantesco parco divertimenti a tema, ci si emoziona, commuove, spaventa, ma – a distanza di trentadue anni dal film di Spielberg – possiamo dire che il tempo, la conoscenza del macro-plot, ormai divenuto seriale (gli antichi mammiferi predatori che ritornano in vita nel mondo attuale, rappresentando una minaccia per l’umanità), e persino la fredda precisione della struttura indirizzano la pellicola verso una certa stanca ripetitività.

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Un nuovo, vecchio mondo

L’assunto di partenza di questa nuova avventura sulle tracce della preistoria (con prologo nel 2010 ) è dato, questa volta, dalla descrizione di un prossimo futuro mondiale (nell’anno 2027) stanco, corroso dal cambiamento climatico e dominato dalle sempiterne lotte per gli interessi economici e il potere. Sino a qui nulla di nuovo, anzi, lo specchio futuribile di quanto accade oggi.

I dinosauri sono ridotti, ormai, a simulacri di un’epoca lontana e priva di interesse, modelli passati di moda per i cartelloni pubblicitari o certi programmi televisivi. I pochi rimasti vengono confinati alle latitudini geografiche che più gli consentano una sopravvivenza dignitosa, senza costituire un pericolo per le altre specie (compreso l’uomo). L’elemento di novità consiste nella scoperta da parte della potente azienda farmaceutica ParkerGenix della possibilità di estrarre del materiale genetico utile alla creazione di un farmaco rivoluzionario per la prevenzione e cura delle malattie cardiache da tre fra le più grandi specie di dinosauri, marine, terrestri e volanti.

A questo scopo il losco dirigente Martin Krebs (Rupert Friend) organizza una missione segreta diretta verso l’isola caraibica di Saint-Hubert, primigenia base di sperimentazione genetica sui dinosauri: l’unico luogo capace di garantire la presenza di esemplari vivi da cui poter estrarre il dna. Della spedizione fanno parte l’agente segreto Zora Bennett (Scarlett Johansson), il paleontologo Henry Loomis (Jonathan Bailey) e il comandante Duncan Kincaid (Mahershala Ali), coadiuvati da altri tre elementi. Il gruppo avrà modo – nel corso della storia – di incontrare la famiglia allargata del sudamericano Reuben, in viaggio verso Città del Capo su di una piccola imbarcazione da diporto insieme alle figlie Isabella, Teresa e al fidanzato di quest’ultima. Un incontro complicato, che muterà spesso il corso degli eventi.

Il film – come dicevamo – racconta per l’ennesima volta il timore, lo sconcerto e la meraviglia dell’uomo nel trovarsi di fronte ai testimoni viventi di un’epoca ormai perduta, ciclicamente sopravvissuti all’incuria e alla sete di predominio e guadagno dell’uomo. I caratteri dei personaggi sono curati in maniera tale da scongiurare la loro trasformazione in tipi (anche se le figure del padre preoccupato per quanto accade alla sua piccola famiglia viaggiante, delle figlie – una ancora bambina, l’altra giovane donna – e del fidanzato nullafacente risultano abbastanza scontate).

Di Zora Bennet e Duncan Kincaid vengono in parte approfondite le esistenze pregresse – coincidenti a causa di lutti personali – per conferire loro maggiore spessore (Bennett ha appena perso la madre, senza riuscire a partecipare al suo funerale, Kincaid un figlio in tenera età); mentre il committente Krebs rientra a pieno titolo negli schematici panni del cinico e spregiudicato affarista di una lobby farmaceutica. È vero che il film, ad un certo punto, lancia un potente messaggio ecologico per bocca del giovane paleontologo Loomis, il quale ricorda ai compagni di spedizione che i dinosauri esistono sulla Terra da svariati milioni di anni in più rispetto agli esseri umani. Noi siamo comparsi relativamente tardi e se continueremo a bistrattare il nostro pianeta, la previsione è che in futuro si liberi di noi, continuando in seguito ad evolversi in nostra assenza, come già avvenuto in un remoto passato. Sfortunatamente (a parte il finale “politically correct”), l’assunto non viene sviluppato a sufficienza, come altre suggestioni del film.

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Un pericoloso faccia a faccia con un gigantesco esemplare di dinosauro sull’isola caraibica di Saint-Hubert

Scarlett Diva

«Avevo nove anni – ha raccontato Scarlett Johansson alla première newyorkese di “Jurassic World – La rinascita”, in una dichiarazione poi ripresa da “Repubblica” – quando vidi il primo “Jurassic Park”, rimasi colpita per sempre, avrei fatto qualsiasi cosa per farne parte. Da allora ho pensato che avrei voluto recitare in un film della saga. Alla fine ci sono riuscita, ho coronato il sogno fatto da bambina. La pellicola è la più spaventosa della saga, ma permetterò a mia figlia, che ora ha dieci anni, di guardarla.»
La Johansson si conferma, attraverso la sua partecipazione al film, la diva che ha fatto guadagnare di più al botteghino: oltre 318 milioni di dollari nei primi cinque giorni di programmazione, superando il record dei 14,8 miliardi di dollari globali e surclassando, così, molteplici concorrenti. In più, Scarlett ha appena esordito anche nella regia, con la presentazione fuori concorso a Cannes – lo scorso maggio – di Eleanor the Great, la sua opera prima con protagonista l’attrice americana 95enne June Squibb.
Il suo film narra l’amicizia di un’anziana donna, trasferitasi a New York dalla Florida, con una studentessa di 19 anni. La Johansson è ormai diventata un’interprete matura, un’artista a tutto tondo: lo dimostra ampiamente anche in “Jurassic World – La rinascita”, dove è in grado di mediare nel personaggio di Zora la decisione con la malleabilità, la forza con la sensibilità a ciò che le ruota intorno. Eppure, si ha la netta impressione che qualcosa manchi, e non si tratta certo dell’interpretazione dell’attrice, modellata sul film e sul franchise. Si manifesta proprio lì – come si diceva – nella rarefazione di contenuti e trama, la debolezza e lacunosità di una proposta cinematografica ormai satura, che annaspa senza attrarre e divertire più come in passato, a dispetto degli incassi ancora ingenti. Forse per solidarietà degli spettatori con la sua gloriosa storia.
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Scarlett Johansson e Jonathan Bailey in “Jurassic World – La rinascita

 

Jurassic World – La rinascita

Regia: Gareth Edwards
Origine: Usa, 2025, 134′
Cast: Scarlett Johansson, Mahershala Ali, Rupert Friend, Manuel Garcia-Rulfo, Ed Skrein
Sceneggiatura: David Koepp
Fotografia: John Mathieson
Musiche: Alexandre Desplat
Scenografia: James Clyne
Produzione: PATRICK Crowley, Frank Marshall
Distribuzione: Universal Pictures

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