Diga di Molare, Fornaro: “La tragedia delle persone umili”
L'intervento del parlamentare alessandrino alla Camera dei Deputati
OVADA – Un parallelo tra quanto successe per la Diga di Molare e il Vajont, due immani tragedie simbolo del XX Secolo che a 28 anni di distanza l’una dall’altra seminarono morte, distruzione negli ambiti territoriali in cui si verificarono. A farlo è stato l’onorevole Federico Fornaro che qualche giorno fa ha ricordato i fatti che travolsero l’Ovadese il 13 agosto 1935 nell’imminenza del 90° anniversario.
“Perché ricordare a distanza di 90 anni? – ha spiegato Fornaro nel suo intervento alla Camera dei Deputati – Lo faranno le amministrazioni comunali e verrà, da parte del comune di Molare, intitolato un ulteriore ricordo. Perché deve essere di ammonimento, signor Presidente. Così come per il Vajont, la diga principale rimase in piedi. A crollare, per ragioni ideologiche, per ragioni proprio di scarsa attenzione alle problematiche geologiche, fu proprio questa diga secondaria, così come fu il monte Toc, nel Vajont, a provocare quell’onda che poi si riverbererà con tutti i disastri su Longarone”.
“Come per il monte Toc, come per la vicenda del Vajont, anche a Molare tutto questo è derivato dalla bramosia di soldi delle industrie elettriche e delle imprese costruttrici – ricorda – Perché quella diga secondaria non era prevista dal primo progetto e fu necessaria perché venne deciso l’innalzamento della diga principale; e, quindi, ci sarebbe stato uno sfioramento”.
Ferita mai rimarginata
Tanti Ovadesi hanno portato nella testa e nel cuore il pensiero doloroso di aver perso un parente, una persona casa, un amico con la tragedia della Diga di Molare.
“A pagare il conto furono persone umili – ha proseguito Fornaro – persone che erano a casa. Sì, perché pioveva forte. Era l’una del pomeriggio e, in un attimo, vennero distrutte quelle vite e i loro progetti, creando un disastro che – chiudo, signor Presidente, ma anche qua è giusto ricordarlo – venne silenziato dal regime. Sui giornali dell’epoca fu scritto poco, anche se poi andò in borghese il Re e anche il segretario del Partito Nazionale Fascista si recò sul luogo. Il regime, ovviamente, non consentiva che fosse diffusa questa notizia e, alla fine, si è persa memoria. Quindi, credo che sia giusto ricordarlo in questa sede. Proprio perché è giusto ricordare quei morti, quelle donne e quegli uomini. Ma anche ricordare il monito di quella tragedia che, ancora oggi, è presente e deve essere ricordata”.