‘Concerto con i poveri’: musica e dignità senza confini
Società
Giuseppe Codrino  
9 Dicembre 2025
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La riflessione

‘Concerto con i poveri’: musica e dignità senza confini

Cronaca dal Vaticano: oltre 8mila presenti, tra cui 3mila persone in difficoltà. Com'è andata

Roma, 7 dicembre ore 7:45, in viaggio. Fama ha New York, ce l’hanno anche Londra e Pechino. Famose sono Tokyo e Milano, Nairobi e Kiev.

Le città più note, alla sola invocazione, innestano in noi, possibili visitatori, un’immaginazione costruita: da chi ci è già stato, dai film ai libri, oppure dalle canzoni o da altro. La fama, a volte, può smuovere una selezione fra dove andare (quale visitare); pensiamo che chi ne goda abbia maggior qualità (a volte può essere, altre meno). Ben inteso, non parlo solo dei luoghi, l’influenza di questa determina tanto altro.

Le città che cambiano

Esistono centinaia di città; ognuna, nella sua singolarità, ha un proprio trascorso.

Compito non semplice è scriverlo e raccontarlo: narrare quello che è stata, «la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano», questa è Zaira, una delle ‘città invisibili’ di Calvino.

Esse hanno gli anni scolpiti nel presente mentre le carte bollate nei comuni pensano al loro futuro.  Cambiano, nella percezione, se a raccontarle sono abitanti di queste da tutta la loro piccola vita (confrontata a quelle di un centro abitato), oppure se la narrano contadini, operai trasferiti per lavoro, studentesse fuori sede, avvocati provenienti da chissà dove, o ancora chi più di tutti abita nelle città perché dimora non ha. Alessandria cambia solo ad ascoltare i nostri genitori che raccontano cosa c’era prima di tutti i centri commerciali, adesso aperti, nella periferia.

Ora, si potrebbe fare un grosso cerchio e raggruppare elementi che le accomunano: quanti aeroporti, stazioni, discoteche, musei o autostrade. Oppure, analizzare i servizi offerti, magari la qualità della vita e altro. Dopo averlo fatto, all’interno del cerchio principale, resterebbero le città più note.

Ecco, tuttavia, facendo così una rimarrebbe più trascurata delle altre. Una sarebbe meno valorizzata delle altre. Una città verrebbe accomunata senza troppo rispetto per la sua anzianità ad altre. Essa è in Italia, ne è la capitale.

 

L’unicum di Roma

La fama di Roma è l’unicum che da Alessandria a Gallipoli, dovrebbe inorgoglirci. Da oltre duemila anni al centro del mondo occidentale. Dallo stesso tempo viene visitata.

Alcune statue tanto apprezzate dal turista moderno come da quello del Settecento o del Duecento, sono consumate dalla mano che le accarezza.

Roma ha al centro uno Stato chiamato Vaticano che, pur essendo il più piccolo del mondo, ha il potere di influenzare centinaia di milioni di cittadini degli altri Stati.

Roma, quel che resta di materiale e nella coscienza collettiva, è un caleidoscopio che, con la luce o le tenebre, in centro e in periferia, nei meandri delle metropolitane o accanto ai tanti (ora, nel Giubileo, meno) cassonetti colmi, alle nuove opere in costruzione in piazza Venezia, basta girarla un po’, per viverne l’album della commedia umana.

 

Concerto con i poveri

Il primo intreccio colorato è la scomparsa di Fiorenza De Bernardi, prima donna comandante d’aereo; giriamo un po’ la luce che proietta altre immagini del nostro caleidoscopio, vediamo la torcia olimpica che, dallo Stadio dei Marmi (che altro nome potrebbe avere a Roma?), attraversa il centro, tenuta da personaggi famosi (la fama che torna, ricordando che, non sempre sia sinonimo di qualità).

Ruotiamo ancora un po’ la manopola ed ecco: incidenti stradali (diversi mortali leggendo i giornali), un omicidio e tutto il male che nella Capitale come ad Alessandria, accade.

Ancora un’ultima rotazione e appare l’Aula Paolo VI, in Vaticano, aperta in occasione del ‘Concerto con i poveri’. Una preposizione semplice “con” che a differenza dell’altra possibile “per” cambia tutto. È stato voluto da papa Francesco nel 2015 (l’ultima edizione è stata la sesta).

Papa Leone XIV lo ha rinnovato, anche quest’anno e, per di più, gli ospiti invitati, fra cui Michael Bublé (noto cantautore canadese), li ha visibilmente graditi, «il valore inestimabile della musica: non un lusso per pochi, ma un dono divino accessibile a tutti, ricchi e poveri, dotti e semplici», Prevost prende la parola a fine evento.

Ad assistere al tutto, circa ottomila persone presenti nella sala, fra cui tremila meno abbienti.

Esso ha avuto come direttore artistico in tutte le edizioni, monsignor Marco Frisina, evento promosso dal Coro della Diocesi di Roma e organizzato dalla Fondazione Nova Opera Ets. Negli anni passati, accanto a Frisina, si sono alternati compositori come Ennio Morricone, Nicola Piovani e Hans Zimmer.

Sono ancora reperibili sul web, filmati in cui i sopracitati, eseguono in ordine: la colonna sonora di “The Mission” (film con la centralità sui gesuiti, Francesco era il primo Papa di tale Ordine), “La vita è bella” e “Interstellar”.

In questa sesta edizione la presenza di Michael Bublé, specialmente con le canzone che più lo hanno reso noto, ‘It’s beginning to look a lot like Christmas’, ‘Love’ o richieste da Leone stesso, Ave Maria, hanno portato solennità e, anche, il clima di Natale, ricercati dagli organizzatori. Ad alternarsi con lui, oltre ad essere la presentatrice della serata, Serena Autieri, definita dall’opuscolo distribuito in aula, come “performer poliedrica”.

In ogni caso, per i dettagli in più, sono decine gli articoli in questi giorni pubblicati che, ben più completi di questo, possono rispondere a vostre eventuali domande sulla serata.

Certamente un concerto non cambia la condizione né la miseria di tanti, eppure, era percepibile la gioia che, un’Istituzione, come quella della Chiesa di Roma, abbia dedicato a loro una giornata. «Non me ne dimenticherò mai di stasera, a volte, non è facile, eppure giorni così so’ tanto belli», mi racconta Mario, membro de ‘Le Opere del Padre’, fondata dall’attrice Claudia Koll,

«Giuse, so che scrivi, fa’ ‘a recensione su ‘sto concerto, a me ‘na cifra è piaciuto».

Eccola Mario, non so se avrò modo di fartela avere: è stato coinvolgente ed entusiasmante lo spettacolo, ma ciò che davvero ricorderò è stato il guardare tanti, fra il pubblico, che non passano certo una fase (forse l’intera esistenza) rosea della vita, divertirsi e provare a cantare come ‘l’Americano’, questo mi ha dato la vera contentezza.

Voi tutti eravate gli ospiti d’onore. Alla fine della serata, fuori dalle mura, coricati per strada, su materassi o rifugi improvvisati, c’erano tanti indigenti che non erano venuti. Tuttavia, la cena al sacco, dentro alla busta firmata ‘Concerto con i poveri’, era arrivata anche a loro.

Ed è questo che mi ha fatto riflettere e innestato qualche idea semplice che, ora mentre sto viaggiando per tornare ad Alessandria, sto scrivendo e il risultato è ciò che state leggendo.

A Roma vado diverse volte all’anno, la presenza di mia nonna, è un incentivo. All’inizio, come tutti, fotografavo il Colosseo e il resto… poi, con il tempo, ho imparato a lasciare il telefono in tasca e semplicemente guardare i monumenti. L’ultima volta, due giorni fa, forse tardi, ho visto Roma al presente, dal basso.

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Senza inizio né fine

Ho guardato nel viso chi passeggiava, chi era sdraiato su una panchina, chi avevo davanti al concerto e chi abitava la strada. La povertà non ha un inizio né una fine, può avere diverse sfaccettature.

«Paolo, a casa nostra c’era una miseria che quando siamo diventati poveri abbiamo festeggiato» raccontava al nipote Carmela, sedicesima di diciassette fratelli e sorelle, nonna dello scrittore Paolo Nori. La povertà più comune è legata alla quantità economica. È ovvio.

Ma non è così banale sostenere la dignità di tutti all’accesso dell’arte, alla musica, ai libri, alla cultura in generale. Resta fondamentale distribuire sia viveri a chi non li ha e sia nutrimento per la mente, con le sette arti, a tutte le classi sociali. Checché se ne pensi di una religione piuttosto che di un’altra, dev’essere apprezzabile ogni pensiero e azione di gratuità verso chi trova una barriera (economica ma non solo) per accedervi.

Le bandiere impresse sulla divisa, in casi come questi, sono superflue. Questo evento, così eclatante, è il culmine di azioni quotidiane fatte, in tutto il mondo, dalla Chiesa Cattolica. Le critiche possibili sono molte, così come i plausi. Non sta certamente nelle mie competenze una risposta degna di pubblicazione. Inoltre, azioni quotidiane vengono svolte da così tanti enti, di diversi Stati e religioni, che menzionarle tutte sarebbe compito arduo e insensato per il fine di questa semplice riflessione.

Torniamo al “Concerto con i poveri” in Vaticano. E’ inimmaginabile che in aula Paolo VI ci fossero tutti i cosiddetti “poveri” della città.

 

Possibilità e dignità

La possibilità di andare ad un evento, non implica che uno ci debba andare per forza. Uscendo, infatti, ho trovato tanti che non avevano alcun interesse a partecipare. Anche per questo è importante che le iniziative siano tante (e non fermarci a un solo evento), le battaglie per la dignità e tanto altro, non sono nemmeno vicine dall’essere vinte, in Italia e nel mondo.

E non bisogna andare a Roma per storie di miseria, solitudine, storie che non fanno più notizia, perché il benaltrismo le delega a fatti di scarso interesse; esse accadono sia nei piccoli centri abitati, sia nelle metropolitane.

Un concerto non cambierà nulla, così come queste mie parole che andranno nei meandri del web. Ho una casa ad aspettarmi, una famiglia che mi vuole bene, amici e amore.

La consapevolezza di cadere nell’insolenza e nella presunzione di parlare con una voce che non mi appartiene, mi fa selezionare non le parole da dire, ma quelle da evitare.

Appelli che lanciati da me, servirebbero a poco, così come il dire “Combattiamo assieme la povertà”.

In questi casi il non dire, renderà più che il detto. Non dirò che cosa bisognerebbe fare, né pensare. Non dirò nulla. «Roma capoccia der monno ‘nfame», canta Antonello Venditti.

La dignità a tutti, in quanto uomini e donne.

«Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure, io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.  Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi (…)?», Matteo 6, 28-31.

La commedia umana è ciò che indago e apprezzo, non la miseria, quella vera, di una povertà di vedute e valori.

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