Il mio viaggio in Ucraina. Giorno 2
Società
Giuseppe Codrino  
16 Dicembre 2025
ore
21:15 Logo Newsguard
Il racconto

Il mio viaggio in Ucraina. Giorno 2

Arrivati nel Paese in guerra dopo quattro ore di stop alla dogana

Abbiamo viaggiato tutta la notte. Il mio compagno Marco (ne ho parlato ieri) credo si fidi della mia guida. Sono riuscito a guidare per tre ore di fila. So che è molto geloso del furgone Ford. Mi ritengo fortunato. Marco non connette il suo telefono al veicolo per ascoltare la musica. Usa la radio. Tuttavia, fuori dall’Italia, ovviamente, i canali a cui siamo abituati non funzionano.

Allora, ha scaricato sul suo telefono da «ottanta euro, comprato solo per l’Ucraina», l’applicazione della radio.  Appena passiamo il confine con la Slovenia, accende una cassa portatile bluetooth JBL: da lì e per tutta la notte, abbiamo avuto la stazione RDS a tenerci compagnia.

Non ho dormito, nonostante abbia passato quasi tutto il tempo come passeggero. Stare sveglio mi è sembrato una sorta di rispetto nei suoi confronti.

Anche se abbiamo parlato poco, noto che apprezza la mia eventuale disponibilità a un cambio in un qualsiasi momento.

Inoltre, ogni tanto mi dice: «Sei sveglio, vero? Non è che ti sei addormentato?». Allora io, appoggiato al finestrino, guardando il buio che avvolgeva le campagne ungheresi, un po’ confuso dalla stanchezza, ho finto il più: «Sveglio e a disposizione tua!» che potessi. Ha sorriso perché ha capito la mia palese bugia.

Arrivati in Ucraina

Ore 11. Fuso orario di Kiev (un’ora in più rispetto all’Italia). Siamo arrivati in Ucraina.

I nostri tre furgoni con il logo di ‘Anteas-Trasporto Amico’ sono entrati in un Paese in guerra. Questa parola contiene così tanti significati e implicazioni che non basterebbero cento articoli per adattarla al luogo e al tempo in cui è. Certo, elementi quali distruzione e morte sono sempre presenti.

La dogana ci ha impegnato per circa quattro ore. «Show your passport», ci è stato ripetuto decine di volte, sia dal lato ungherese sia da quello ucraino. Hanno prima controllato i nostri documenti, poi ci hanno fatto scendere e, una volta aperti i furgoni, hanno selezionato a campione dei pacchi chiusi.

 

 

Ci hanno chiesto di aprirli, hanno trovato davanti: Lego, pannolini, cibo, medicinali e altri beni simili. «Okay, everything is in order». Ottenuti i timbri, siamo ripartiti: altre sei ore di tragitto.

L’Ucraina è piuttosto estesa. Il conflitto più intenso è nella parte est, in particolare nel cosiddetto Donbass. In questo momento ottimi giornalisti come, per esempio, Daniele Raineri, con la sua newsletter Outpost, per Il Post e Marta Serafini, inviata del Corriere, stanno raccontando il conflitto nella parte più interessata e colpita. Per sapere ciò che accade, li seguo costantemente.

Nell’ovest, dove siamo diretti noi, la situazione è più calma. Certo, i blackout e le sirene antiaeree da quattro anni sono presenti anche in questa zona. Così come droni e missili. Essendo, tuttavia, lontani dal confine diventano più facili da intercettare perché il loro volo in aria è maggiore. Più ciò che viene lanciato è abbattuto e minore sarà l’impatto dell’attacco.

I russi potrebbero colpire ogni angolo. «Anche a Ivano (la città Ivano-Frankivs’k) siamo scesi diverse volte nei rifugi… a proposito, appena arriviamo alla struttura, chiediamo dove si trova quello più vicino», dice Luciano fuori da una piazzola di sosta.

Luciano Cartolano è il presidente di ‘Anteas-Trasporto Amico di Alessandria’. Questo è il suo diciannovesimo viaggio.

L’app “Air Alert”

Stanotte spero di poter dormire serenamente per ristorare un po’. Non so, come non lo sa quasi nessuno con certezza, che cosa accadrà nel cuore delle tenebre (momento in cui si intensificano gli attacchi). Il colpire con il buio e le sirene che ti svegliano sono una parte che, magari, nella narrazione italiana potrebbe sfuggire un po’.

Ci terrei a sottolinearla. È psicologicamente devastante.

Ho scaricato l’applicazione ‘Air alert’: fa suonare il telefono quando sono in arrivo ordigni nella posizione (magari una città) da noi selezionata (dove ci troviamo).

La stanchezza che ora provo mi mette un po’ in imbarazzo: posso dire di essere stanco per due notti (la sera prima di partire per motivi personali ho dormito qualche ora) passate quasi in bianco, in Ucraina? Forse, sì ma è un malessere fresco. Quello degli ucraini è come una ferita che non si chiude: sanguina ancora.

 

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