Cia in piazza a Bruxelles: “L’agricoltura non si svende. Con la riforma Pac a rischio 270mila aziende”
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19 Dicembre 2025
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La protesta

Cia in piazza a Bruxelles: “L’agricoltura non si svende. Con la riforma Pac a rischio 270mila aziende”

Diecimila produttori e centinaia di trattori contro la proposta Von der Leyen. Fini: «Così si compromette la sicurezza alimentare dell’Unione». Presente anche la delegazione di Alessandria-Asti

BRUXELLES – Cia-Agricoltori Italiani è scesa in piazza a Bruxelles con una grande manifestazione. Presenti 10mila agricoltori e centinaia di trattori provenienti da tutta Europa. A guidare la delegazione confederale il presidente nazionale Cristiano Fini, affiancato anche da una rappresentanza di Cia Alessandria-Asti.

«Siamo qui per dire no a un’Europa che svende l’agricoltura, mette le armi davanti al cibo e compromette la sicurezza alimentare dell’Unione – le parole di Fini -. Se non arriva una scossa politica forte e un cambio di rotta deciso, si condanna il futuro del settore e si rischia di far chiudere, solo in Italia, oltre 270mila aziende agricole».

In piazza, sotto lo striscione “Ursula, basta bugie”, i messaggi sono stati chiari. “Pac post 2027: non è una riforma, è la fine dell’agricoltura”, “Agricoltori senza Pac, Europa senza cibo”, “La sicurezza siamo noi”.

I numeri di una riforma contestata

Al centro della protesta la proposta di riforma della Politica Agricola Comune post 2027, che secondo Cia prevede un taglio delle risorse del 22%. Con una perdita stimata di 9 miliardi di euro per l’Italia e la confluenza della Pac in un fondo unico. Una scelta che, secondo l’organizzazione agricola, genererebbe competizione tra settori, metterebbe a rischio il mercato comune e colpirebbe al cuore il sistema produttivo europeo.

I dati forniti da Cia parlano chiaro: la riforma potrebbe mettere a rischio la sopravvivenza di 270mila aziende agricole italiane. Pari al 31,65% del totale, colpendo soprattutto le realtà più piccole e fragili. L’impatto sarebbe differenziato sul territorio: -26% al Nord, -33% al Centro e fino a -51% al Sud. Aggravando quindi i divari economici e sociali, in particolare nelle aree rurali e interne.

Sul piano settoriale, le conseguenze più pesanti riguarderebbero i seminativi (-64%), l’olivicoltura (-27%) e la zootecnia (-5%).

«La Pac è una scelta strategica per il futuro»

«Non è una riforma tecnica, ma un cambio di paradigma  – conclude Fini -. La Pac è la politica più antica e più europea che esista. Per oltre 50 anni ha garantito stabilità, reddito, presidio del territorio e sicurezza alimentare. Smantellarla significa indebolire l’Europa».

Una scelta che Cia giudica ancora più pericolosa nel contesto internazionale attuale. «Non possiamo permetterci che l’Ue disinvesta sull’agricoltura mentre altri grandi attori globali, dagli Stati Uniti alla Cina, aumentano gli investimenti a sostegno del settore primario».

Accanto al no alla riforma, la mobilitazione chiede anche una linea europea più decisa sugli accordi commerciali. In modo tale da contrastare la concorrenza sleale e garantire reciprocità di regole e controlli. Oltre a una semplificazione reale che liberi le imprese agricole da burocrazia e vincoli inutili.

«Quella di oggi non è una protesta di categoria – spiega Fini – ma un richiamo politico a tutte le istituzioni europee. Senza una politica agricola forte non c’è cibo sicuro, tutela dell’ambiente, resilienza dei territori e futuro delle comunità. Non ci fermeremo qui: continueremo a far sentire la nostra voce, con determinazione».

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