Il mio viaggio in Ucraina. Giorno 5
Società
Giuseppe Codrino  
19 Dicembre 2025
ore
21:15 Logo Newsguard
Il racconto

Il mio viaggio in Ucraina. Giorno 5

Padre Ivan, il viaggio e l'ambulanza. E i ricordi dell'Italia

STARUNYA – «Forse domani c’è un posto, ti scrivo in mattinata. Saluti». È l’ultimo messaggio che ricevo prima di addormentarmi. A inviarmelo è Padre Ivan (ne ho già parlato ieri).

 

Suona la sveglia. La spengo. Intontito mi guardo intorno. Ho una sola finestra in camera; attraverso questa posso vedere la città dall’alto.

È ancora buio. Inoltre, l’illuminazione stradale da quando si attiva il coprifuoco (mezzanotte), per risparmiare energia elettrica, viene disattivata. Non entra alcuna luce in camera.

L’unica eccezione è data dallo schermo del telefono. Controllo se mi siano arrivati nuovi messaggi, ma nulla. Non mi ha ancora scritto.

Quale notifica?

Perché aspetto una notifica? Dove dovrei andare?

Ieri ho terminato il racconto con la visita al centro di riabilitazione gestito dalla Chiesa Greco-Cattolica. Devo aggiungere qualche particolare.

Poco prima di salutare Padre Ivan ci siamo scambiati i numeri.

Ci chiede che cosa saremmo andati a fare nella serata e nei giorni restanti. Gli rispondiamo e, poi, rivolgiamo a lui la stessa domanda. «Domani mattina prestissimo ho un impegno per registrare un video natalizio, dopodiché dovrò andare fuori città per consegnare un’ambulanza, donata da un’associazione italiana, a dei medici di guerra».

Non aspetto che finisca la frase e chiedo: «Posso venire con lei fuori città?». «Sarebbe bello, provo a organizzare, ti scriverò un messaggio», mi risponde.

 

Scendo a fare colazione, nel frattempo riesco ad instaurare un dialogo con dei ragazzi ospiti nella nostra struttura. C’è una conferenza di un’azienda che produce qualche cosa legato all’elettrico.

Loro sono venuti per assistere.

Mi raccontano della scarsa produzione di corrente, delle difficoltà ad aggiustare le centrali energetiche colpite e di come è cambiata la loro vita negli ultimi anni.

Non facciamo in tempo a terminare la conversazione che scoccano le nove.

L’Air Alert delle 9…

Vi ricordate l’applicazione (Air Alert), che si occupa di avvisare quando c’è un ordigno in arrivo? Ne ho scritto qualche giorno fa.

Ecco, tutte le mattine, suona alle nove in punto. In più, si attivano le sirene antiaeree che per l’occasione producono un ticchettio.

È il minuto di silenzio in onore dei caduti.

Si blocca il Paese per sessanta secondi. Chi è in macchina scende. Chi sta passeggiando si ferma. Le persone escono dai negozi e dalle case per prendere parte a questa ricorrenza quotidiana.

Il traffico non scorre. Nessuno attraversa la strada. C’è il vigile che sta sull’attenti.

Se vi capita, online è possibile recuperare dei video. Dal vivo fa parecchio effetto.

Come lo fanno le bandiere e le immagini dei soldati caduti, esposte nelle vie centrali della città.

La passeggiata

Terminato il minuto, non riprenderò più la conversazione con i ragazzi, devono rientrare alla conferenza.

Ho la mattinata libera da altri impegni, non avendo ancora ricevuto alcun messaggio, decido di farmi una passeggiata.

Due dei miei compagni sono in rientro verso l’Italia e i restanti incontreranno dei giornalisti loro amici. Per cui, resto solo.

 

Le pozzanghere sono ghiacciate, la città è avvolta da un leggero strato di nebbia. Entro in una caffetteria e chiedo un caffè.

Mentre giro lo zucchero, sento il telefono vibrare. Leggo: «Ci vediamo alle 10:45, c’è posto».

Finisco di bere e mi dirigo subito al punto d’incontro. Mezz’ora di camminata.

 

Arrivo con dieci minuti di anticipo e, da buon italiano, vado a prendere un cappuccino (in Ucraina la caffetteria è, generalmente, di buon livello).

All’ora stabilita, mi incontro con Padre Ivan che mi accoglie con il suo sorriso. Credo che sia il più rassicurante che io abbia mai visto.

Ci salutiamo e mi indica il mezzo che avremmo usato. È l’ambulanza che stava per essere donata.

Sensazione diversa

Non è la prima volta che salgo sopra un mezzo del genere; essendo volontario nella Croce Verde di Felizzano, sono salito centinaia di volte in un veicolo per il soccorso.

In questo caso, però, la sensazione è diversa.

Per due motivi: il primo è che alla guida c’è Padre Ivan; il secondo è il luogo di destinazione.

Alle 10:45 in punto, partiamo in direzione Starunya. Circa quaranta minuti di strada. In realtà, non me ne accorgo perché l’autista è di una compagnia rara.

Quando si raccontano storie di qualità, il tempo scorre, cioè viene percepito, più rapido.

C’è un racconto di Boccaccio che parla grossomodo di questo, cercatelo: sesta giornata, prima novella; Madonna Oretta.

Riporto sinteticamente che cosa ricordo della conversazione.

Padre Ivan ha passato molto tempo in Italia. Ha studiato teologia e comunicazione. Adora la nostra cultura, in particolare la musica. Riceve tante chiamate perché è coinvolto in molti progetti. È riuscito negli anni a far arrivare dall’Italia circa 50 ambulanze e inviarle sul fronte. Mi dice anche che alcune di queste sono già state distrutte.

Infine, mi parla del luogo verso il quale siamo diretti. «Fra poco, vedrai una grande croce. È posta in cima a una collina. È la nostra destinazione», inizia a raccontarmi.

Stiamo andando verso il Centro di pellegrinaggio dedicato a SymeonLukach. «È stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II nel 2001», prosegue Ivan, «È un martire del periodo comunista».

Nel periodo dell’Unione Sovietica i culti cattolici erano repressi ferocemente.

La sorpresa

Al nostro arrivo vedo un complesso religioso stupefacente. È stato finanziato da due imprenditori, fino a sei anni fa qui non c’era nulla. La struttura è stata ultimata circa sei mesi fa.

«Giuseppe, prima che inizi il rito vai a vedere una grotta, ci sono dei mosaici bellissimi», mi consiglia.

Vado a vederli, poi assisto alla cerimonia e, infine, l’ambulanza, con la quale siamo arrivati, parte verso il fronte, guidata da medici di guerra.

 

Nella strada di ritorno (ci porta un collega di Ivan), apro Instagram e leggo un post della Treccani. Inizia con una domanda: «Cosa faresti se domani scoppiasse la guerra?».

Leggo i commenti. Mi soffermo sopra quello scritto dall’utente Fagyo. Egli riporta il testo, in italiano, Le Déserteurdi Boris Vian.

Il testo in Italia è stato cantato fra l’altro da Ivan Fossati e Ornella Vannoni.

La riproduco su YouTube per scrivere questo finale.

«In piena facoltà/ Egregio presidente/ (…) se occorrerà/ Del sangue a ogni costo/Andate a dare il vostro».

 

 

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