Giacobbo: «Funziono perché so farmi  capire e ho la  capacità di sorprendermi»
Roberto Giacobbo
Società
29 Dicembre 2025
ore
14:31 Logo Newsguard
L'intervista

Giacobbo: «Funziono perché so farmi capire e ho la capacità di sorprendermi»

"Acqui ha capito il valore della Storia. Bisogna scegliere di amare questi posti"

ALESSANDRIA – Scusi, Giacobbo, ma com’è sta storia degli Ittiti? «Massì, qualcuno sosteneva che io avessi detto che gli Ittiti conoscevano solo due lettere dell’alfabeto, ovvero la I e la T». Ah, giusto. In effetti il sospetto potrebbe esserci. Anzi, no. Comunque ne riparleremo.

Prima dobbiamo raccontare altro del celebre divulgatore che cominciò in Rai e che passò a Mediaset, un uomo di due metri che vanta un buon numero di imitatori (in tutti i sensi) e che ha nel cuore la nostra provincia.

Giacobbo, regali uno spot all’Alessandrino.
Non faccio fatica. Il vostro è un territorio di grande ricchezza. Il Monferrato ha paesaggi invidiabili. Non si può scegliere di nascere in un luogo, ma si può scegliere di amarlo. E io questa terra la amo davvero. Una terrà che le ha consegnato il premio Acqui Storia, affidandole poi la conduzione della cerimonia conclusiva. Cosa che accaderà anche il 18 ottobre prossima. L’Acqui Storia è un premio prestigioso: la rigida selezione garantisce un ottimo livello. Dirò di più: la manifestazione è un incontro di cultura, conoscenza, confronto. Unisce persone che difficilmente si ritroverebbero nello stesso posto.

Si intuisce che la Storia l’appassiona.
Sì, perché aiuta a non commettere gli errori del passato. Non bisogna mai cancellare la Storia: anche quella “cattiva” ci insegna.

Anzi, forse ci insegna ancor più di quella “buona”…
Servono anche per questo i libri di Storia, i quali, essendo frutto di ricerca, aiutano a conoscere. E la conoscenza è ricchezza.

Lei che è uno “scopritore”, di Acqui, ovvero la città del Premio, cos’ha scoperto?
Che è circondata da un ambiente ricco di cultura, manifattura, enologia. E che ha una risorsa ricchissima, ovvero l’acqua con cinque elementi. È un regalo della natura che gli acquesi devono valorizzare. Il sindaco lo sta facendo.

Ah, Danilo Rapetti. Dica.
Guardi, non so neanche in che partito sta, né mi interessa saperlo. So però che ha passione e senso di responsabilità. Ormai non ci sono più i sindaci avventurieri degli Anni Cinquanta: si devono adeguare ai tempi.

Per lei, invece, l’adeguarsi al tempo non sembra un problema. La sua trasmissione ‘Freedom’ ha successo come la vecchia ‘Voyager’ di cui mantiene il medesimo schema.
Il successo è dovuto al fatto che abbiamo grande rispetto per il telespettatore. Piuttosto spendo dieci parole in più, ma devo essere sicuro che quel che dico venga capito. Mi considero un traduttore dall’Italiano all’Italiano, proprio per cercare di arrivare a tutti.

Senza mai alzare i toni.
Non è nel nostro stile. Noi raccontiamo storie, natura, leggende, scienza. Confezioniamo un programma “al” servizio del pubblico. Sa da che cosa si capisce, poi, che dedichiamo particolare attenzione al telespettatore?

Dica.
Dal fatto che mettiamo titoli a grandi caratteri, così anche le persone anziane li possono leggere senza troppa fatica. Talvolta basta veramente poco…

Alberto Angela lo dobbiamo considerare un suo concorrente?
No, è molto di verso da me. Ci unisce l’essere divulgatori. Siamo rimasti in pochi, dovremmo essere tutelati come i panda.

Questo perché ottenete successi con poche spese?
Per quanto mi riguarda, ho un budget che non è certo quello delle fiction o dei film hollywoodiani con cui spesso dobbiamo battagliare in fatto di audience. Noi siamo l’alternativa.

Che necessiterebbe di più soldi?
No, abbiamo il denaro che ci serve. Costiamo poco perché le esigenze sono ridotte. Ad esempio, rispetto a molti attori di grandi produzioni, io non ho bisogno di controfigura.

Anche se a volte, in quanto a pericoli…
Sono alto due metri e peso in modo proporzionato. È difficile trovare un mio alter ego.

Che però svolga un mestiere talvolta pericoloso è indubbio. O almeno, così pare.
Io studio preventivamente i posti dove poi mi reco, ma non voglio fare sopralluoghi per non perdermi l’effetto meraviglia. So dove vado, senza aver visto. Entro in una grotta e mi stupisco davvero.

E dice al cameraman Omar di prestare attenzione perché c’è pericolo.
A Omar, certo. Ma prima di lui a Marco e ora anche a Gian Piero e Camillo.

È una gag studiata a tavolino?
No. L’operatore che mi segue guarda nel mirino della telecamera, vede soltanto ciò che inquadra e non si può accorgere di quello che gli sta attorno. Dunque, io lo avviso di eventuali rischi: «Attento che c’è il gradino», «Guarda che lì si scivola»…

E va tutto in onda.
Sì, certo. Gli avvertimenti non vengono tagliati in fase di montaggio perché fanno parte della vita.

Non ci siamo dimenticati degli Ittiti.
Ah, sì. Mi chiesero se davvero dissi che gli Ittiti avevano un alfabeto limitato a due lettere, la I e la T. Ma era solo una battuta dovuta alla fantasia di Maurizio Crozza.

Che la prendeva bonariamente in giro mutando il nome ‘Voyager’ in ‘Kazzenger’.
Una parodia che non infastidiva, anzi ha contribuito a rendermi popolare.

 

SEGUI ANCHE:

giacobbo il piccolo
Articoli correlati
Leggi l'ultima edizione