Meazza: «Il risparmio non è mica finito: oggi è soltanto più prudente»
Mauro Meazza
Società
29 Dicembre 2025
ore
14:40 Logo Newsguard
L'intervista

Meazza: «Il risparmio non è mica finito: oggi è soltanto più prudente»

"I Bot sono tornati: piacciono in un Paese in cui la pianificazione familiare resta centrale"

ALESSANDRIA – Giornalista, conduttore radiofonico e docente universitario, Mauro Meazza è una delle voci più autorevoli del Gruppo 24 Ore. Conduce trasmissioni di divulgazione economico-finanziaria, è autore di saggi e collabora con “Il Sole 24 Ore” da decenni. La sua cifra è quella della chiarezza: rendere accessibili concetti complessi, con uno stile che non semplifica ma spiega.

Con lui – in occasione della ricorrenza della Giornata mondiale del risparmio (che cade proprio oggi) – parliamo di risparmio, oro, dollaro, mercati e del rapporto sempre più complesso tra italiani e finanza.

Meazza, gli italiani sono ancora un popolo di risparmiatori?

Il valore del risparmio c’è ancora, ma oggi si manifesta in una chiave più difensiva che prospettica, e non è sorprendente. I redditi e le retribuzioni non sono cresciuti come in altri Paesi, mentre siamo circondati da motivi di preoccupazione globali e familiari: genitori in ansia per il futuro dei figli, figli preoccupati per la salute e la cura dei genitori anziani. In questo contesto, mettere da parte qualcosa non è più l’investimento sul futuro che era un tempo, ma una necessità di protezione.

Durante questi anni di incertezza, molti hanno “intaccato” i risparmi familiari. È così?

Sì, ci sono evidenze che mostrano un ricorso crescente a ciò che era stato messo da parte. Tuttavia, se guardiamo al patrimonio complessivo degli italiani, scopriamo che una parte enorme resta concentrata negli immobili. Il mattone è sempre stato un punto di tranquillità e per questo siamo molto sensibili alle politiche sulla casa. Ma c’è una provocazione: la demografia ci dice che ci saranno sempre più case e sempre meno eredi. Il risultato sarà un enorme trasferimento di ricchezza e patrimonio immobiliare verso le generazioni nate a ridosso del XXI secolo. La domanda è: sapranno sostenerlo e gestirlo? Servirà una vera educazione finanziaria diffusa.

In molti tornano a investire sull’oro. È davvero una sicurezza?

L’oro riflette i grandi movimenti geopolitici e quelli delle banche centrali. Non stiamo tornando al “gold standard”, ma è vero che molte banche centrali hanno aumentato le proprie riserve auree. Ciò non ha nulla a che vedere con il piccolo risparmiatore che compra un lingottino: qui si parla di trasferimenti colossali di valore. Tuttavia, è sempre stato così: nei momenti di incertezza, si torna al bene rifugio per eccellenza. Quando ci sono guerre alle porte dell’Europa o crisi in Medio Oriente, è naturale che la gente punti sull’oro. È una risposta più psicologica che economica.

Come giudica le politiche economiche di Trump e l’impatto sul dollaro?

Credo che stiamo cominciando a vedere una direzione più chiara nel suo andamento apparentemente volubile. C’è quasi un ritorno a una visione “vintage” della politica economica, con un controllo più diretto, basato su rapporti di forza espliciti. In passato c’era una certa diplomazia, che oggi è svanita. La svalutazione del dollaro è stata una mossa precisa, che ci danneggia come Paese esportatore, ma anche gli Stati Uniti non possono spingersi troppo oltre, pena danni alla loro stessa economia. Si è parlato della possibilità che il dollaro perda il ruolo di moneta di riferimento globale, ma gli esperti non mi sembrano così drastici: potrebbero cambiare le influenze, ma non credo che il dollaro smetterà di essere la valuta guida.

La Cina resta un enigma per molti analisti occidentali. Condivide una simile impressione?

Assolutamente sì. Anche parlando con gestori e operatori finanziari internazionali, la sensazione è di sapere sempre troppo poco. La Cina appare come un’economia di mercato, ma la trasparenza non è quella occidentale. Hanno vissuto una crisi immobiliare gravissima, ma non conosciamo fino in fondo la reale portata dei danni. È una potenza colossale, ma la sua opacità rende difficile capire quanto sia sostenibile nel lungo periodo. Questo influisce sulla fiducia dei mercati e sugli equilibri globali.

Gli italiani sembrano tornare ai titoli di Stato…

Sì, e lo confermano i dati della 25ª ricerca Ipsos realizzata per l’Associazione delle Casse di Risparmio. Gli italiani cercano strumenti semplici, accessibili e trasparenti. I titoli di Stato rispondono perfettamente a tale esigenza: si sa come si acquistano, come vengono quotati e offrono un vantaggio fiscale rispetto ad altri investimenti. Inoltre, non entrano in successione: un dettaglio che piace molto a un Paese in cui la pianificazione familiare resta centrale. Quindi sì, i Bot sono tornati, e non solo per nostalgia.

E le monete virtuali? Hanno un futuro come strumento di risparmio?

Io sono un boomer – dice sorridendo – e come tutti quelli della mia generazione penso soprattutto a mettere da parte qualcosa per la vecchiaia. In questo senso, le criptovalute non offrono ancora sufficiente sicurezza. Non mi pare che si stiano affermando come vera unità di scambio: restano un asset interessante per chi cerca investimenti fortemente speculativi, consapevole però di salire su montagne russe. Ci sono centinaia di cripto, ma noi ne conosciamo davvero solo tre o quattro. E per chi, come me, è cresciuto con libretti di risparmio e Bot, fanno un certo effetto.

Qual è la lezione più importante per i giovani risparmiatori di oggi?

Che il risparmio non è mai una rinuncia, ma un atto di consapevolezza. Serve capire dove mettiamo i nostri soldi, cosa ci aspettiamo e quali rischi vogliamo correre. L’educazione finanziaria non deve spaventare: è come imparare a guidare, una competenza di cittadinanza. Perché, in fondo, anche la libertà economica passa dalla conoscenza.

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