Oscar 2022: il trionfo di “CODA – I segni del cuore”
Si è svolta nella notte tra domenica 27 e lunedì 28 marzo scorsi, al Dolby Theatre di Los Angeles, la 94esima cerimonia di premiazione degli Academy Awards.
La serata ha riservato qualche sorpresa per quanto riguarda alcuni pronostici, poi disattesi: non hanno vinto premi “Licorice Pizza” di Thomas Paul Anderson e “Spencer” di Pablo Larraìn, dedicato alla figura della principessa Diana del Galles. Allo stesso modo, non è stato premiato Paolo Sorrentino per “È stata la mano di Dio” (come miglior film in lingua non inglese gli è stato preferito il giapponese “Drive My Car” di Ryusuke Hamaguchi), né il costumista Massimo Cantini Parrini per “Cyrano” di Joe Wright.
La lievità dell’evento, dopo i difficili anni del Covid, è stata parzialmente compromessa dalla reazione violenta di Will Smith – vincitore dell’Oscar come miglior attore protagonista per la sua interpretazione del padre delle tenniste Venus e Serena Williams nel film “Una famiglia vincente – King Richard” di Reinaldo Marcus Green – nei confronti del presentatore Chris Rock, autore di una battuta di dubbio gusto sulla moglie del divo, Jada Pinkett, presentatasi al gala con i capelli rasati perché sofferente di alopecia.
In compenso, si è dimostrato molto interessante e azzeccato dal punto di vista della denuncia di alcune problematiche sociali ricorrenti nelle società occidentali il discorso di ringraziamento che Jessica Chastain, vincitrice dell’Oscar come miglior attrice protagonista per “Gli occhi di Tammy Faye” di Michael Showalter, ha pronunciato con estrema sincerità e passione: facendo riferimento non solo alle diverse forme di violenza sempre più diffuse e in costante aumento in tutto il mondo, ma anche – nello specifico – alla tragedia delle persone che scelgono la via del suicidio (una sorella della diva si è tolta la vita nel 2003).
È, infine, nata qualche polemica e divisione tra il pubblico e la critica (mentre è stata apprezzata la scelta di premiare come miglior regia “Il potere del cane” di Jane Campion) per l’assegnazione dell’Oscar quale miglior film a “CODA – I segni del cuore”, secondo lungometraggio della regista e sceneggiatrice Sian Heder.
La pellicola, vincitrice della scorsa edizione del Sundance Film Festival di Robert Redford, è la versione americana di “La famiglia Bélier” di Éric Lartigau e narra la commovente storia di Ruby (Emilia Jones), per la scienza una CODA (acronimo di child of deaf adult): ovvero, l’unico membro in possesso dell’udito e della parola all’interno di una famiglia con i genitori e un fratello sordomuti. Ruby è una giovane donna appassionata e sensibile, con un meraviglioso talento canoro, coltivato a fatica per la necessità di fungere, nel quotidiano, da interprete e modulo espressivo per i propri familiari.
La vicenda, interpretata da artisti sordomuti (tra i quali spicca Marlee Matlin, vincitrice dell’Oscar nel 1987 per “Figli di un dio minore” di Randa Haines: la prima attrice sorda e la più giovane a ricevere la prestigiosa statuetta), si dipana focalizzando l’attenzione sulle due opposte urgenze che alterano gli equilibri della famiglia di Ruby: da un lato la volontà della ragazza di trovare la propria strada nel mondo della musica, che sente appartenerle di diritto e, dall’altro, l’esigenza di mantenere un equilibrio di rapporti con l’ambiente familiare, che non può fare a meno della sua figura.
Lo stile di regia della Heder è piano, discorsivo, tendente alla chiarezza espositiva senza troppe divagazioni: i personaggi, specie quello di Ruby, sono ben caratterizzati e le psicologie approfondite. Non ci sono eccessi, estetici o narrativi: non c’è neppure quel guizzo creativo, quel mordente che ci si aspetterebbe da un’opera a cui viene tributato un Oscar. È, probabilmente, questo uno tra i motivi principali che hanno causato l’insoddisfazione di molti di fronte a “CODA”, giustificando la sua vittoria tramite l’evocazione dell’etica ‘politically correct’ dell’Academy, sensibile alla voce delle minoranze.
In realtà, a vantaggio del film, si può affermare che se il risultato non è eccezionale, l’intento di base è onesto e il lavoro su sceneggiatura e immagini più che lodevole, nel dare vita a un prodotto filmico più che decoroso ed efficace nel messaggio che intende lanciare.
Di seguito, l’elenco dei vincitori degli Oscar 2022:
- Miglior Film: “I Segni Del Cuore – Coda” di Sian Heder
- Miglior Regia: “Il Potere Del Cane” di Jane Campion
- Miglior Attore Protagonista: Will Smith per “Una famiglia vincente – King Richard” di Reinaldo Marcus Green
- Miglior Attrice Protagonista: Jessica Chastain per “Gli occhi di Tammy Faye” di Michael Showalter
- Miglior Attore non Protagonista: Troy Kotsur per “I Segni Del Cuore – Coda” di Sian Heder
- Miglior Attrice non Protagonista Ariana Debose per “West Side Story” di Steven Spielberg
- Migliori Costumi: “Crudelia” (Jenny Beavan)
- Miglior Colonna sonora: “Dune” di Denis Villeneuve (Hans Zimmer)
- Miglior Suono: “Dune” (Mac Ruth, Mark Mangini, Theo Green, Doug Hemphill e Ron Bartlett)
- Miglior Sceneggiatura non originale: “I Segni Del Cuore – Coda” (Sian Heder)
- Miglior Sceneggiatura originale: “Belfast” (Kenneth Branagh)
- Miglior Film d’animazione: “Encanto” di Byron Howard e Jared Bush
- Miglior Fotografia: “Dune” (Greig Fraser)
- Miglior Documentario: “Summer Of Soul (…Or, When The Revolution Could Not Be Televised)” di Questlove
- Miglior Film in lingua non inglese: “Drive My Car” (Giappone) di Ryusuke Hamaguchi
- Miglior Corto Documentario: “The Queen of Basketball” di Ben Proudfoot
- Miglior Montaggio: “Dune” (Joe Walker)
- Miglior Trucco e Acconciature: “Gli occhi di Tammy Faye” (Linda Dowds, Stephanie Ingram e Justin Raleigh)
- Miglior Canzone: “No Time to Die” di Cary Fukunaga (Billie Eilish e Finneas O’Connell)
- Miglior Scenografia: “Dune” (Patrice Vermette; Zsuzsanna Sipos)
- Migliori Effetti Visivi: “Dune” (Paul Lambert, Tristan Myles, Brian Connor e Gerd Nefzer)
- Miglior Corto d’animazione: “The Windshield Wiper” di Alberto Mielgo
- Miglior Cortometraggio: “The Long Goodbye” di Aneil Karia