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    Analfabetismo,
    Generic, Home, Società
    Giordano Panaro  
    12 Agosto 2022
    ore
    18:30 Logo Newsguard
    Dispersione scolastica

    Analfabetismo, il rischio è concreto. In troppi non arrivano alla Maturità. Male Alessandria

    Un ragazzo su tre non avrebbe competenze di base in Italiano e Matematica; uno su due tra gli stranieri di seconda generazione. Il problema è la scuola?

    ALESSANDRIA – Arriviamo subito al dunque: la provincia di Alessandria non solo ha una demografia pari a zero e un tasso di anziani molto elevato, ma addirittura i pochi giovani che ci sono faticano ad andare a scuola. Secondo i dati Ires in mano alla Regione Piemonte, il nostro territorio ha un tasso di abbandono scolastico più elevato che in altre zone, in buona compagnia con l’Astigiano.

    In Piemonte l’abbandono nella scuola secondaria è al 4% circa, contro un 3,8 della media nazionale. E la media prima del Covid per le province del Sud – Asti e Alessandria – mostra una quota ben superiore: 16% (media anni 2018-2019). Il dato risulta in crescita rispetto alla media del biennio precedente in cui si attestava al 15%. Non ci sono ancora i dati ufficiali degli anni di pandemia ma si teme che la percentuale di chi non ha conseguito il diploma non sia perlomeno scesa. Nel Nord Est del Piemonte, invece, il tasso passa dal 14% della media 2016-17 all’11% della media 2018-2019.

    Stranieri penalizzati

    Basterebbero già questi dati per alimentare un dibattito socioeconomico sulle prospettive del territorio e sulla scuola in generale, ma aggiungiamo un carico, magari come spunto da campagna elettorale: per i giovani con cittadinanza straniera – spesso nati qui e italiani da almeno una decina d’anni – è oltre il triplo: il 36,5% non arriva alla maturità e rinuncia agli studi, nella fascia 18-24 anni.

    Matematica? Scarsi

    Non è finita: chi termina gli studi non sempre ha competenze adeguate di Italiano e Matematica, le materie principali. Dalle analisi dei risultati Invalsi 2019 in Piemonte emerge, infatti, come, al termine del primo ciclo, il 31% degli studenti non raggiunga il livello basilare di Italiano. I maschi la prendono più alla leggera: le lacune sono per il 36% rispetto al 26% delle femmine.

    In Italiano il 27% degli italiani non raggiunge il livello minimo previsto dagli standard ministeriali, per gli stranieri di seconda generazione è il 50%. Al 68% quelli di prima.

    Roberto Grenna, dirigente scolastico del Saluzzo-Plana di Alessandria, conferma tragicamente: «I valori sono più o meno quelli e il Covid non ha certo aiutato. Su matematica ed italiano le problematiche sono notevoli. Video e immagini con cui i giovani comunicano non aiutano all’apprendimento. Basta leggere una chat su WhatsApp dei nostri figli».

    Per il preside delle superiori, le difficoltà partono dal primo giorno di scuola in avanti, dove si pongono le basi. «Si scrive sempre meno e si fa fatica con i meccanismi di ragionamento della matematica. I dati sembrano dirci che quello che si sta facendo nelle scuole non sia il modo giusto». Grenna non colpevolizza il lavoro di elementari e medie, però: «Se si ha un buon bagaglio di conoscenza e competenza è più facile affrontare livelli più alti di apprendimento. Forse c’è una scarsa sinergia con i gradi inferiori». Il parallelismo è con i ‘vecchi tempi’: «25 anni fa si studiava di più».

    I prof e i Mad

    Anche gli insegnanti non si devono sottrarre dal dibattito: «I docenti? Si trova di tutto, come in tutti i mestieri, ma se hai lacune le trasmetti ai ragazzi. Il sistema di reclutamento andrebbe ripensato non solo in chiave di graduatoria ed anzianità. La mia idea? Prima un contratto a tempo di tre anni in cui insegni e impari ad insegnare. Dopo, se vai bene, vieni assunto a vita. Ma bisogna investire nell’istruzione».

    Perché fare il professore non è un lavoro come un altro: «Insegnare è come una missione. È necessaria una formazione continua, ma non basta. Dico sempre che non si fa l’insegnante, si è insegnante».

    Maurizio Carandini, dirigente di Valenza è concorde nel pensare che i problemi derivano dalle scuole precedenti, ma è altrettanto vero che la scelta della scuola superiore dev’essere basata sulle valutazioni e non sulle aspettative dei genitori. Insomma, chi è da istituto tecnico si troverà molto male al liceo Classico. E poi i voti, non sempre coerenti. Troppo severo lui o di manica larga gli altri?

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