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    Animali, Generic
    Massimo Brusasco  
    16 Aprile 2020
    ore
    15:56 Logo Newsguard
    Il racconto

    La signora che entrò in un canile e decise: «Ora cambio»

    Amelia era una donna in carriera. Lasciò Milano per aprire un rifugio per cani in Val Cerrina. «Secondo me, sono molto meglio degli umani»

    Amelia Vozza ha 61 anni e due vite, la seconda delle quali iniziata nel 2006. Ed è quella più interessante anche se meno redditizia. È un’esistenza, questa, che scorre in mezzo alla natura del Monferrato, in una frazione che si chiama Rosingo, nel Comune di Cerrina, che sta agli antipodi del teatro della vita numero uno.

    D’altronde, è piuttosto noto che Milano sia un’altra cosa rispetto a molto. Grande eppure stretta, certe volte. Ad esempio quando, come ha fatto Amelia, si entra in un canile e scocca la scintilla.

    La signora faceva l’agente immobiliare, si occupava anche di fallimenti per il Tribunale e di posti ne vedeva per così. Uno, ad Arese, l’ha lasciata scioccata. «Sono entrata in un canile. A fianco c’era una sorta di pollaio con dentro 10 cani anziani, cardiopatici, ciechi, con brutte storie alle spalle. Erano abbandonati». Il colloquio con una volontaria mi ha aperto scenari nuovi. E, in pochi mesi, ho deciso di vendere tutto.

    Era un pollaio…

    La seconda vita, dunque, è iniziata in Val Cerrina, dove un conoscente aveva un casale, che le ha venduto. Ampio abbastanza per ospitare i cani «del pollaio» e per adottarne altri. Per creare un rifugio, dunque, chiamato Ponte dell’Arcobaleno.

    Non è stato facile passare da una vita all’altra, ma quell’amore per gli animali era diventato talmente impetuoso da farle sciogliere le riserve. «Però forse non sono arrivata nel posto giusto – mormora – Ho vicini di casa favolosi, ma ad altri non vado molto a genio. Sono stata anche costretta a sospendere l’attività per due anni, malgrado fosse tutto in regola. Ho apportato migliorie e riaperto. I cani qui stanno come in paradiso. Non risiedono in cucce ma in casette, e c’è ampio spazio dove scorrazzare e perfino una piscina tutta per loro».

    Venti, attualmente, i cani ospitati. «Dodici sono miei, otto cercano famiglia» dice. «Non ricevo contributi pubblici, vivo di donazioni. Per fortuna qualche persona generosa c’è ancora. L’attività di pensione, purtroppo, è ferma. D’altronde nessuno va in viaggio in questo periodo…».

    Ogni cane ha una storia. E di tutti, Amelia sa raccontare. La sua preferita si chiamava Bettina. Quando è mancata, in rifugio è arrivato il figlio Leopoldo, di cui i proprietari si volevano sbarazzare. «L’ho accolto io, ha 11 anni e un po’ di Alzheimer. Eh sì, capita anche a loro…». I più longevi di anni ne contano 24. Sono malandati per età, ma qui trovano conforto.

    Il sito www.pontearcobaleno.com sintetizza l’attività di Amelia. È un album dedicato alla sua seconda vita e traduce con parole e immagini una passione autentica. «Per amore degli animali e della natura sono perfino diventata vegana» dice.

    L’epilogo è giustificabile, ma lascia l’amaro in bocca: «Se mi sono innamorata dei cani è perché, probabilmente, il genere umano mi aveva stufato po’».

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