Il Comitato Stop Solvay risponde al direttore di stabilimento
Gli ambientalisti riformulano le richieste agli Enti
SPINETTA MARENGO – Inquinamento Spinetta: sale la protesta e, contemporaneamente, la tensione.
Una situazione che per la prima volta vede il direttore dello stabilimento di Solvay scrivere una lettera aperta alla comunità alessandrina e del sobborgo: Andrea Diotto non snocciola numeri che riguardano la posizione dell’azienda nel mondo, principalmente quello industriale, o fatturato.
Spiega come la realtà Solvay «non esisterebbe senza i più di mille lavoratori che ogni giorno entrano in fabbrica orgogliosi di ciò che fanno e del contributo che apportano alla realizzazione di un mondo migliore. Vivono quasi tutti in provincia di Alessandria – si legge nella missiva – ma gran parte di essi abita proprio a Spinetta, come faccio io durante la settimana prima di tornare dalla mia famiglia a Torino. L’altro giorno, girando tra gli impianti come mia abitudine, ho incontrato uno di loro che mi ha chiesto: “Perché tutti vogliono che ce ne andiamo?”. In realtà, per fortuna non tutti vogliono che Solvay se ne vada da Spinetta. Noi non barattiamo la salute con il lavoro. Non mettiamo il nostro profitto prima di tutto il resto: i quasi 25mila dipendenti in tutto il mondo costituiscono un’azienda che produce lavoro nel rispetto dell’ambiente e avendo cura prima di tutto della salute delle persone».
La lettera prosegue con la spiegazione dei prodotti chimici chiamati Pfas e i confronti tecnico scientifici sul cC6O4.
La risposta del Comitato
Non si è fatta attendere la risposta, perentoria, del Comitato Stop Solvay. «Nella lettera del direttore di stabilimento – si legge – non manca il consueto ricatto “Perché tutti vogliono che ce ne andiamo?”, scrive citando un fantomatico lavoratore a ricordare quanto già esplicitato in un recente comunicato: l’ampliamento della produzione di cC6O4 è “necessaria per la continuità industriale del sito”. Ma noi del Comitato Stop Solvay diciamo che dallo stabilimento non deve fuoriuscire nemmeno un atomo di sostanza inquinante e che fino a quel momento si debbano sospendere la produzione e l’utilizzo delle sostanze ritrovate nel nostro territorio (come nel caso del cC6O4)».
Non solo: «La retorica – prosegue la nota – dimostra semplicemente quello che noi pensiamo da tempo: Solvay non riesce a garantire la sicurezza del proprio sito. Un atteggiamento lontano dalla facciata empatica che la lettera sembra voler ottenere. A corollario di tutto ciò, il fatto che Solvay abbia abbandonato i Pfas definiti “cattivi”, sostituendoli con altri prodotti. Ha semplicemente utilizzato prodotti come il Pfoa finché ha potuto, ovvero finché non sono stati messi fuorilegge per gli enormi danni all’ambiente, per le malattie e le morti che hanno provocato».
l Comitato Stop Solvay riformula le richieste agli enti e all’azienda. «Se davvero per Solvay i profitti non contano più della tutela ambientale e della salute delle persone, ha tutto il potere per dimostrarlo: sospenda immediatamente la produzione di cC6O4 e Adv 7800, capisca e dica pubblicamente da dove deriva la fuoriuscita di cC6O4 trovato nel pozzo dell’acquedotto di Montecastello, tolga gli omissis dal documento della Conferenza dei Servizi, accetti di aspettare i risultati di uno screening sulla popolazione coinvolta e soprattutto adotti tecnologie tali da non far fuoriuscire dallo stabilimento neanche un atomo di sostanze nocive e da garantire la totale sicurezza per i lavoratori prima di riprendere la produzione. Continueremo a chiedere: sospensione della produzione di cC6O4, Adv 7800 e ogni altra sostanza nociva che rischia di fuoriuscire dal sito; analisi approfondita della situazione di pozzi e acquedotti; screening medico per la popolazione; pubblicazione dei risultati delle analisi ematologiche che sistematicamente conduce sui lavoratori»