Infermiere di famiglia e comunità, figura chiave per l’Italia che invecchia: focus ad Alessandria
Al Centro Congressi il convegno promosso da Upo e Opi Alessandria nell’ambito del progetto Pnrr Age-It: cambiare modello di cura, dall’ospedale al territorio
ALESSANDRIA – L’Italia è una delle società più anziane al mondo e l’aumento dell’aspettativa di vita sta cambiando rapidamente i bisogni di salute. Per rispondere a cronicità, fragilità e solitudine serve un’assistenza più vicina alle persone e capace di prevenire, non solo curare. In questo scenario, l’infermiere di famiglia e comunità si afferma come figura chiave della sanità territoriale.
È quanto emerso durante il convegno “L’assistenza infermieristica territoriale: evidenze, opportunità e prospettive”, che si è svolto lunedì 15 dicembre al Centro Congressi di Alessandria. L’evento è stato organizzato dall’Università del Piemonte Orientale (Upo) in collaborazione con l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Alessandria (Opi).
L’incontro rientra nel progetto Age-It (Ageing Well in an Ageing Society), finanziato con fondi Pnrr. Che punta a trasformare l’Italia in un laboratorio di eccellenza sul tema dell’invecchiamento e delle politiche di welfare, con l’obiettivo di costruire risposte più efficaci e sostenibili.
Age-It e il cambio di paradigma: più territorio, meno ospedale
Il progetto Age-It, coordinato dall’Università di Firenze con l’Upo come partner strategico, ha evidenziato come l’infermieristica di famiglia sia uno degli strumenti più efficaci per garantire sostenibilità al sistema di welfare. E, anche, maggiore benessere ai cittadini, intercettando precocemente i bisogni e accompagnando le persone nei percorsi di cura.
Tuttavia, il sistema deve ancora adattarsi pienamente per valorizzare queste competenze, attraverso modelli organizzativi chiari, integrazione con le cure primarie e una rete stabile con i servizi sociali e sanitari.
Formazione, cure primarie e ruolo del caregiver
«I nostri studi hanno prodotto raccomandazioni chiare», ha spiegato Alberto Dal Molin, professore associato del Dipartimento di Medicina traslazionale Upo. La prima riguarda il mantenimento di standard formativi elevati: l’infermiere di famiglia e comunità deve avere una formazione post-laurea con criteri omogenei a livello nazionale.
Un secondo punto è l’integrazione strutturale nelle cure primarie, riconoscendo il valore della funzione educativa e preventiva dell’infermiere. Capace di sostenere corretti stili di vita, aderenza terapeutica e gestione delle condizioni croniche.
Dal Molin ha inoltre richiamato la centralità del caregiver, da considerare coprotagonista del processo di cura. Una figura che va supportata anche attraverso la tecnologia, utile a raggiungere le aree più remote e a garantire continuità assistenziale.
Interprofessionalità e nuovi modelli di assistenza
Non si tratta solo di formazione, ma di un nuovo modello organizzativo. «L’infermiere è al centro del progetto Age-It», ha sottolineato Giovanni Chilin, presidente Opi Alessandria. Evidenziando come le lauree magistrali a indirizzo clinico e i nuovi modelli basati sull’interprofessionalità rafforzino la leadership di una professione attorno alla quale ruota il cambiamento dell’assistenza sul territorio.
Il convegno di Alessandria ha ribadito che investire sull’infermiere di famiglia e comunità significa costruire una sanità più vicina alle persone. E capace di prevenire, educare e accompagnare, riducendo il ricorso improprio all’ospedale e garantendo risposte più sostenibili in una società che invecchia.